Un albero…a Natale
di Luigi Torreggiani
Negli scorsi anni, dai primi di novembre in poi, venivamo inondati da infinite discussioni dedicate all’albero di Natale: meglio quello vero o quello in plastica? Ripiantarlo o gettarlo nell’umido? È corretto tagliare grandi abeti per abbellire le piazze oppure no? Il dibattito era assicurato fino all’Epifania e talvolta era persino esilarante.
Quest’anno, invece, non solo si discute animatamente dell’albero di Natale (emblematica la polemica sull’abete di Piazza San Pietro!) ma nel dibattito quotidiano è entrato anche l’albero… a Natale.
“Regala un albero a Natale” è lo slogan di diverse associazioni e società, che si stanno moltiplicando giorno dopo giorno e che fanno del piantare alberi la loro missione e/o il loro modello di business.
Niente di male eh, ci mancherebbe! Come dice Luca Mercalli, “Quella di piantare un albero è sempre una buona idea”, anche se dipende da come e da dove.
Mi sento di aggiungere, però, che dipende anche dal perché. Un conto è se un albero è destinato ad un particolare progetto, magari di ripristino di una specifica area degradata, altra cosa è se viene genericamente spacciato (da chi lo propone, oppure anche da chi in buona fede e senza tutte le corrette informazioni lo regala) per soluzione alla crisi climatica.
Quella di piantare un albero è sempre una buona idea, anche se dipende da dove, come e perché.
Certo che piantare un albero è parte delle possibili soluzioni, ma quanto pesa percentualmente? Forse occorrerebbe mettere un po’ più in chiaro le cose.
Provo a spiegarmi meglio descrivendo la tipica scena di un cugino che, la notte di Natale, apre il suo pacchetto regalo dove non trova il classico berretto etnico acquistato al mercatino in centro o l’ultimo libro di Bruno Vespa, ma un bigliettino graficamente accattivante in cui si dice che, a suo nome, è stato piantato un albero e, magari, che questo contribuirà a “salvare il Pianeta” dalla crisi climatica.
Premesso che il Pianeta si salva da solo (semmai da salvare dalla crisi climatica c’è parte della specie umana, ma il cugino questo non lo sa!), immagino un iniziale moto di emozione, anche un senso di sollievo per aver contribuito a qualcosa di eticamente così forte e - ma questo il cugino non lo dirà mai, lo penserà e basta - un filo di delusione, perché siamo tutti dannatamente attaccati alle cose materiali da tenere nelle mani, anche se sono un berretto etnico o un libro che forse mai si leggerà.
“Beh!”, penserà il cugino, “C’è un albero in più a mio nome, posso tirare un sospiro di sollievo, mi sento un po’ meno brutto e cattivo rispetto al male che la nostra specie così terribile provoca al Pianeta Terra”… e abbraccerà l’autore del dono pensando a quanto sia sensibile quel membro/a della propria famiglia. Tutti applaudiranno, a qualcuno scenderà una lacrima e sarà un Natale bellissimo.
Cosa diversa, ma forse un pochino più onesta, accadrebbe se il cugino, nello stesso bigliettino, trovasse scritta anche una semplice percentuale: quanto carbonio quel singolo alberello assorbirà in un anno rispetto alle sue emissioni medie, quelle di un normale cittadino del suo status sociale che vive nella parte ricca del mondo. E se magari scoprisse, in quello stesso biglietto, anche una lunga sfilza di cose che lui, il destinatario del regalo, potrebbe fare per evitare di produrre molte, ma molte più emissioni di quante l’albero sarà in grado di assorbire in tutta la sua, speriamo lunga (perché non c’è da esserne sempre sicuri), esistenza.
Quanto carbonio quel singolo alberello assorbirà in un anno rispetto alle sue emissioni medie? Quali azioni potrebbe mettere in campo per ridurle?
Lo capisco che così il cugino proverebbe meno emozione e probabilmente gli rimarrebbe un po’ sullo stomaco la mastodontica cena appena consumata. Lo so bene che nessuno si commuoverebbe e che sarebbe un Natale un po’ più triste. Ma forse il cugino tornerebbe a casa non solo sapendo che c’è un albero a suo nome - cosa bellissima, ripeto, nulla in contrario - ma con la consapevolezza che si tratta di una goccia microscopica nell’oceano delle soluzioni alla crisi climatica, che non basta affatto, che vale meno del modificare qualche abitudine consolidata come lo spostarsi in macchina ovunque.
Forse, mettendo bene in chiaro le cose, il dono dell’albero a Natale non sarebbe più soltanto il simbolo (e l’illusione) di una facile soluzione a portata di mano, ma si trasformerebbe in un monito per iniziare comprendere la gravità del problema e, di conseguenza, per iniziare a fare davvero la propria parte.
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