#100RIGONISTERN: Una citazione ogni settimana per ricordare Mario Rigoni Stern
Decorrono quest’anno i 100 anni dalla nascita di Mario Rigoni Stern (1 Novembre 1921) e per l’occasione SISEF e Compagnia delle Foreste si sono organizzate per celebrare il centenario attraverso una serie di citazioni a tema forestale tratte dai suoi libri e accompagnate da fotografie a tema che verranno pubblicate nei rispettivi social e pagine web.
Con la pausa estiva della nostra newsletter siamo rimasti indietro e questa settimana, per rimetterci in pari con l’instancabile lavoro di SISEF e Compagnia delle Foreste, vi proponiamo non una ma ben 4 citazioni! Stavolta Mario Rigoni Stern entra nel merito della gestione forestale e dell’importanza del presidio delle montagne, non solo letteratura quindi, ma ottimi spunti per riflettere su tematiche che, nonostante siano passati molti anni, risultano ancora attuali. Buona lettura!
Iniziamo con un tema che ci sta particolarmente a cuore: la selvicoltura, con una frase tratta da "Stagioni":
“Camminando per i boschi vi potrebbe sorprendere un’abbattuta di alberi, ma prima di indignarvi o di andare a protestare, guardatevi attorno e cercate di capire il perché del taglio: osservate le piante al suolo, quelle rimaste in piedi, quelle che stanno crescendo e il sottobosco. Forse potreste arrivare a intuire da soli le ragioni di quello che ritenete un "disastro". Queste operazioni, apparentemente semplici, richiedono preparazione e studio. Non assistito dagli interventi degli esperti il bosco si inselvaticherebbe, tanto da diventarci ostile”
Ovviamente il concetto di "ostilità", forse criticabile da alcuni punti di vista, era nel pensiero dell'autore legato alla minore capacità dei boschi non gestiti di erogare tanti di quei servizi ecosistemici che come società chiediamo quotidianamente alle foreste.
La seconda e la terza citazione, sempre da “Stagioni”, ci conducono invece in una poetica riflessione sulla complessità dell’ecosistema bosco:
“Il Bosco di Mezzo, Mittlewald, era vasto e bello: un libro da leggere sulla vita vegetale e animale che si rinnova nei millenni. L’albero, anche se può vivere più di un secolo, è breve cosa nella vita della foresta: abeti densi di verde e d’argento, pecci alti come colonne con i rami rastremati lungo il tronco dal peso della neve di tanti inverni, larici feriti dal fulmine hanno vite personali, ma l’insieme è millenario”
“Com’è bene ciò che è forestale!
Ora, con il terreno coperto da tanta neve, gli alberi appaiono dritti, solenni e vivi si perdono nella solennità del cielo come silenziosa preghiera.
E’ davvero grande la foresta invernale; andando con le racchette o con gli sci leggeri ti sembra di essere sospeso nell’aria, perché sotto tutta quella neve lì ci sono muschi e licheni, pianticelle, arboscelli, cespugli e la vita di coleotteri, imenotteri, aracnidi, lombrichi, roditori che continua e aspetta la primavera per manifestarsi”
Chiudiamo con una citazione da “Uomini, boschi e api”, qui Mario Rigoni Stern ci porta alla scoperta di una civiltà delle montagne ormai scomparsa ma i cui resti sono ancora ben visibili ad un occhio attento. Una civiltà che viveva un territorio difficile, traendone il necessario per sostenersi e garantendone il presidio:
“Camminando per le montagne subito dopo lo sciogliersi delle nevi quando la vegetazione non ha ancora coperto il terreno, oppure nell’autunno quando la brina lo rende nudo prima che la neve tutto copra, avviene di incontrare segni remoti di lavoro umano in luoghi impensabili, discosti dalle ultime abitazioni e ai limiti della vegetazione arborea, fin oltre i duemila metri.
Potranno essere quattro o cinque pietre messe a strati per chiudere una fessura del terreno, un piccolo muretto a secco per sostenere un ripido passaggio su un pendio, una lettera dell’alfabeto o una croce graffiati su un masso e che il tempo e i licheni stanno per far scomparire. O lo spiazzo di una carbonaia, dove per secoli veniva prodotto il carbone di legna.
Guardando in quei pressi altre cose si potranno scorgere a testimonianza di esistenze dure e oggi impensabili, ma che hanno pure servito, e come, al progresso dell’umanità, magari riscaldando con il prodotto del loro lavoro la stanza di un genio”
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