Boschi vetusti in rete: serve una strategia condivisa
Questa è l'introduzione al FOCUS pubblicato sul numero 262 di Sherwood | Foreste e Alberi oggi, la versione integrale è disponibile solo per gli abbonati nella versione cartacea, nella APP e sul sito, come sfogliabile, mentre attendete che la vostra copia arrivi a casa. Abbonandoti non solo avrai accesso a questo e ad altri contenuti riservati ma contribuirai a sostenere tutto il lavoro della Redazione di Sherwood. Visita la sezione dedicata agli abbonamenti cliccando qui.
di Paolo Mori - Redazione di Sherwood
Il sostantivo “focus” ha molti significati a seconda del contesto in cui viene utilizzato. Qui su Sherwood lo usiamo con quello di sollecitare l’attenzione su un tema di particolare interesse. Nel numero 262 abbiamo creduto utile porre attenzione ai “boschi vetusti”, poiché anche se per legge è necessario agire per istituirli formalmente e fare in modo che, tutti insieme, vadano a costituire una rete di interesse nazionale, il percorso pare ancora incerto in molti punti.
La necessità di agire nasce dal fatto che il D.Lgs. 34/2018 (TUFF) ne fornisce una definizione e richiama l’esigenza di un Decreto attuativo per la loro istituzione formale. Nel 2021 è stato promulgato il Decreto Ministeriale attuativo N. 608943 del 18/11/2021 (G.U. 303) - “Approvazione delle linee guida per l’identificazione delle aree definibili come boschi vetusti” che ha indicato con più precisione cosa si deve intendere per bosco vetusto, quali sono gli attributi che lo devono caratterizzare e l’esigenza di costituire una rete nazionale. Comprensibilmente MASAF e MASE (già Mipaaf e MiTE), rispettando la sussidiarietà e i ruoli, hanno lasciato molta libertà di azione a Regioni e Province Autonome, ma, proprio per la notevole flessibilità prevista, gli elementi di incertezza su come procedere sono numerosi. Per l’istituzione di una rete nazionale di boschi vetusti capace di rappresentare nella giusta proporzione la varietà di tipi forestali, la loro consistenza e la loro distribuzione, servirà senz’altro un coordinamento tra Regioni e Province Autonome, ma non basterà. Sarà infatti utile che gli attributi essenziali siano presenti e misurati con gli stessi criteri e metodi in ogni bosco vetusto, che sia istituito in Sicilia, in Umbria o in Valle d’Aosta.
MASAF e MASE, rispettando la sussidiarietà e i ruoli, hanno lasciato molta libertà di azione a Regioni e Province Autonome.
Se su questo siamo d’accordo, allora diviene necessario porsi delle domande e focalizzarsi sulle possibili risposte. Ad esempio: ci sono già dei boschi vetusti in Italia? Se sì, hanno le caratteristiche indicate nel Decreto attuativo? Dove si trovano? Ci sono dei tipi forestali più rappresentati ed altri meno? Quali sono? Altri Stati europei con cui confiniamo si sono già mossi nell’istituzione di reti di boschi vetusti? Che regole si sono dati? Se hanno delle reti, come le hanno dimensionate? I loro criteri potrebbero andare bene anche per noi? A queste e ad altre importanti domande ancora non pare ci siano risposte pubblicamente condivise. Eppure, senza le risposte sarà difficile poter ottenere dalla futura rete dei boschi vetusti un servizio adeguato alla collettività.
Senza queste risposte sarà difficile ottenere una rete dei boschi vetusti in grado di fornire un servizio adeguato alla collettività.
Ecco, quindi, che un Focus può essere utile, in parte per comprendere il contesto di conoscenze e iniziative in cui ci troviamo ad agire, ma soprattutto per concentrare l’attenzione sulle domande da porci, sulle risposte da trovare e sulle scelte da adottare in vista dell’applicazione del Decreto Ministeriale, già finanziato, nella prima metà del 2022, assieme agli obiettivi prioritari della Strategia Forestale Nazionale. Non c’è tempo da perdere quindi, ma non bisogna neppure agire con la fretta di rispondere ad una norma senza prima aver chiarito quanti boschi vetusti serve istituire per soddisfare le attese, come li gestiremo, li proteggeremo, li studieremo e ne trarremo dei benefici.
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