La terapia forestale ha un valore anche socioeconomico: ecco come può contribuire al benessere dei territori e della collettività

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di Luigi Torreggiani e Andrea Barzagli
Questo articolo-intervista è stato realizzato nell’ambito del progetto FOR.SA - Foreste e Salute, coordinato dalla Foresta Modello delle Montagne Fiorentine e finanziato dal Piano di Sviluppo Rurale della Regione Toscana, bando GAL Start, misura 19.2.
Ogni intervista realizzata è disponibile sia in versione podcast che in forma scritta.
L'intera serie podcast, in sei puntate, è disponibile gratuitamente su tutte le piattaforme di ascolto.
Terapia forestale significa anche economia, nonostante non venga naturale proporre questa associazione di termini. La salute è a tutti gli effetti un tema socio-economico, che coinvolge direttamente il benessere delle persone e i bilanci delle amministrazioni pubbliche. Ma ogni pratica di terapia forestale si innesta anche su un territorio, spesso rurale e montano, quindi marginale, generando possibili interazioni di natura economica: richiesta di servizi di ospitalità ma anche nuove opportunità di lavoro.
Per inquadrare le pratiche di terapia forestale nel contesto socio-economico, partendo dalla scala globale e arrivando a quella locale, abbiamo intervistato Ilaria Doimo, Project manager di Etifor che, insieme al Professor Davide Pettenella dell’Università di Padova, ha recentemente approfondito proprio questo tema attraverso studi e ricerche.
L’intervista con Ilaria Doimo è partita da un necessario inquadramento delle pratiche di terapia forestale all’interno dell’ampia definizione di “servizi ecosistemici”. Ci ha spiegato come la terapia forestale e, in genere, tutte le pratiche di “forest care” (l’insieme di iniziative legate al benessere psico-fisico in foresta) facciano parte dei servizi ecosistemici culturali, o meglio socio-culturali: tutti quei servizi immateriali di cui possiamo godere in un ambiente naturale. Si tratta di valori estetici, ricreativi, di educazione, spirituali e di benessere in genere dati da particolari sostanze (come abbiamo approfondito con Francesco Meneguzzo) ma anche “dall’esperienza complessa di attivazione di tutti i sensi che avviene in bosco”, come la definisce Ilaria Doimo.
Tutte le pratiche di “forest care” fanno parte dei servizi ecosistemici culturali, o meglio socio-culturali: tutti quei servizi immateriali di cui possiamo godere in un ambiente naturale.
Ma come è possibile realizzare una stima economica di tutti questi variegati effetti, che spesso non hanno un vero e proprio mercato? La domanda, assai difficile, ha stimolato una risposta decisamente interessante.
“La difficoltà di questo genere di stime deriva da due diversi fattori”, spiega Doimo, “innanzitutto, per molto tempo i servizi socio-culturali sono stati poco considerati a causa della loro immaterialità; collegata a questo aspetto c’è poi la difficoltà di misurare qualcosa di non tangibile e, di conseguenza, di non direttamente monetizzabile”.
E quindi come è possibile arrivare ad una stima convincente? Come spiega Ilaria Doimo esistono tre diverse strade: “Innanzitutto possiamo analizzare i costi evitati e chiederci quando passare del tempo in bosco, o magari effettuare pratiche mediche di terapia forestale, può far risparmiare i singoli individui o la collettività, ad esempio in termini di un minor ricorso a farmaci o a cure del Sistema Sanitario Nazionale. La seconda possibilità è quella di utilizzare degli indicatori standard, sviluppati dall’economia sanitaria, che esprimono il miglioramento della qualità della vita generato da alcune terapie in base alla loro efficacia. La terza via sono i cosiddetti metodi di valutazione contingente, utilizzati proprio per stimare servizi che normalmente non hanno un valore di mercato. Sostanzialmente, viene chiesta alle persone la loro disponibilità a pagare per un determinato servizio; questo si può fare sia direttamente, con interviste, che indirettamente”. Queste tecniche, utilizzate proprio per indagare il valore economico dei servizi socio-culturali del bosco, sono al centro di una delle attività del progetto europeo Resonate, dedicato proprio alla “nature-based therapy (NbT)”.
Con Ilaria Doimo abbiamo poi approfondito un approccio olistico, conosciuto con il nome di “One World, One Health" - “un solo mondo, una sola salute” - che si interseca direttamente al tema dei benefici socio-economici della terapia forestale, soprattutto in ottica futura.
“Questo approccio si basa sul riconoscimento che la saluta umana è legata in modo indissolubile a quella degli altri animali e, più in generale, degli ecosistemi”, spiega Doimo, “la frammentazione degli ecosistemi e tutti i grandi cambiamenti ambientali e climatici connessi alla crescita della popolazione e all'industrializzazione hanno favorito, ad esempio, le zoonosi, cioè le malattie che si possono trasmettere tra animali ed esseri umani. Il Covid-19 ci ha colpito direttamente, ma si parla oggi di circa il 60% di tutte le nuove malattie infettive”. Ilaria Doimo ci ha tenuto a sottolineare i due punti forti più interessanti di questo approccio. Il primo, ci ha spiegato, è la sua multidisciplinarietà, tema fondamentale per quanto riguarda la terapia forestale, un insieme di pratiche che unisce necessariamente competenze forestali, ambientali, sociali e mediche. Il secondo punto forte dell’approccio è che va oltre al concetto di salute individuale, ma anche a quello di salute collettiva, a cui siamo tutti legati e abituati, portandoci a riflettere sulla salute globale, che guarda oltre alla sola nostra specie. “One World, One Health" è un approccio promosso dall’Organizzazione Mondiale della Sanità, dalla FAO, dalle principali istituzioni di ricerca internazionali e anche dal nostro Ministero della Salute e dall’Istituto Superiore di Sanità. Il suo studio e la sua diffusione è molto comune nel campo dell’epidemiologia o delle scienze veterinarie ma, secondo Ilaria Doimo, non è ancora sviluppato come potrebbe proprio in campo forestale e ambientale. “Una corretta gestione forestale genera servizi utili all’umanità, ma può rivelarsi efficace anche per mitigare il cambiamento climatico, per conservare la biodiversità e, di conseguenza, anche per mantenere un ambiente sano in grado di incidere positivamente sulla nostra salute. Ma questa idea non è ancora sviluppata a dovere, per questo occorrerebbe studiare di più gli impatti e le sinergie della gestione forestale sostenibile proprio con l’approccio One World, One Health, anche attraverso le pratiche di terapia forestale, per inserirle in un discorso di ampio respiro”.
L'approccio “One World, One Health" va oltre al concetto di salute individuale, ma anche a quello di salute collettiva, a cui siamo tutti legati e abituati, portandoci a riflettere sulla salute globale, che guarda oltre alla sola nostra specie.
Abbiamo concluso l’intervista cambiando scala, verso il locale, e concentrandoci sugli impatti economici che la presenza di percorsi di terapia forestale in territori rurali e montani potrebbe generare per le comunità. “Durante la scrittura della mia tesi di dottorato, nel 2020-2021, ho calcolato, sottostimandola, la presenza di circa 140 iniziative di forest care in Italia. Andando a studiare nel dettaglio tali iniziative, ho osservato che esse trattano di educazione, pedagogia, benessere: tutte attività che coinvolgono persone normalmente non direttamente connesse al settore forestale. Di fatto, queste iniziative stanno trasformando un ambito economico molto tradizionale, quello forestale, che in generale appare in recessione dal punto di vista dell’occupazione, introducendo nuove opportunità e quindi anche nuovi posti di lavoro. Questa rivitalizzazione, coinvolgendo aree marginali e spesso colpite dallo spopolamento, non può essere che positiva: si aggiunge e si integra alle attività più tradizionali, diversificando le fonti di reddito e generando concrete opportunità di sviluppo locale senza impattare negativamente con l’ambiente forestale”. Alcuni risultati di questa ricerca sono stati pubblicati in un recente report, a cura di Forest Europe, dedicato ai nuovi “green jobs”.
Dal globale al locale, le pratiche di “forest care” e di “green care” possono rappresentare una grande opportunità per far risparmiare la collettività, per generare benefici socioeconomici, per creare nuovo reddito e posti di lavoro in aree marginali e anche, più in generale, per prenderci cura dell’ambiente naturale, che è alla base del nostro benessere collettivo. Numerose basi solide, insomma, che dovrebbero spingerci ad investire con grande convinzione su questo tema così emergente e innovativo.
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