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Gestione forestale

Verso la Rete Nazionale dei boschi vetusti: il punto sulla fase di censimento in Toscana

Analisi del censimento boschi vetusti in Toscana

di Giammarco Dadà, Federico Selvi, Marco Cabrucci, Elisa Carrari

A partire dagli anni ‘80 si è verificato un progressivo aumento della consapevolezza del valore scientifico, naturalistico e culturale delle foreste vetuste e del loro importante ruolo per conseguire gli obiettivi di conservazione della biodiversità, mitigazione dei cambiamenti climatici e sviluppo di forme sostenibili di gestione forestale. La loro rarità sul territorio nazionale (Sabatini et al. 2010) ha condotto, già nei primi anni duemila, ad avviare un percorso mirato a mappare e stabilire criteri gestionali specifici per i siti comprendenti popolamenti forestali vetusti. Il primo tassello fondamentale è stato posto con la definizione di bosco vetusto, presente all’interno del TUFF (D.Lgs. 24/2018, comma 2, art.3), e si è “concluso”, a seguito di una laboriosa concertazione tra Ministeri (MASAF e MASE) e mondo scientifico, con l’istituzione della Rete Nazionale dei boschi vetusti nell’aprile 2023.
La Rete Nazionale rappresenta un percorso trasversale agli obbiettivi definiti dalle politiche del Green Deal, come la Strategia Nazionale per la Biodiversità al 2030 e la Strategia Forestale Nazionale, le quali prevedono la tutela della biodiversità, con l’obiettivo di raggiungere il 10% di superficie territoriale protetta in modo rigoroso (Strategia per la Biodiversità), e l’applicazione, in aree esterne alla Rete, di una gestione forestale multifunzionale in linea con i criteri selvicolturali “closer-to-nature” (Guidelines on closer-to-nature forest management, pubblicazione EU). La Rete rappresenta, inoltre, uno strumento importante per predisporre una pianificazione multifunzionale a scala di territorio, dove possa realizzarsi l’integrazione dei vari benefici ecosistemici prodotti dalle foreste.

La Rete dei Boschi Vetusti contribuirà a rispondere a queste esigenze, di carattere sociale e ambientale, permettendo sia di incrementare la superficie forestale protetta rigorosamente, sia di studiare le dinamiche evolutive di boschi ad elevato grado di naturalità, così da poterle replicare o traslocare nella gestione forestale ordinaria in funzione dei già citati modelli selvicolturali “closer to nature”. Ne deriva che i criteri gestionali riservati ai boschi vetusti avranno come obbiettivo la protezione integrale, limitando gli interventi al mantenimento delle aree in sicurezza e alla prevenzione da disturbi esterni che potrebbero compromettere le caratteristiche di naturalità che il bosco vetusto stesso mira a proteggere.

Per guidare l’individuazione di questi boschi, sono state specificate, a partire dal documento d’indirizzo europeo (Guidelines for Defining, Mapping, Monitoring and Strictly Protecting EU Primary and Old-Growth Forests), le linee guida per l’identificazione delle aree definibili come bosco vetusto, sulle quali tutte le Regioni e Province Autonome si devono basare per svolgere le ricerche delle foreste all’interno del proprio territorio di competenza. Le linee guida, seppur inclusive di alcuni parametri di valutazione specifici, hanno lasciato inevitabilmente una certa libertà d’interpretazione per poter rispondere alle notevoli differenze storiche, gestionali e naturali che contraddistinguono le realtà forestali sull’intero territorio italiano. Il presente articolo, dunque, vuole presentare i risultati preliminari della prima fase di censimento (non definitiva) dei siti candidabili come bosco vetusto in Toscana, anche per favorire quello scambio di metodologie di lavoro e di valutazione necessarie per un’applicazione delle linee guida quanto più omogenea e condivisa su scala nazionale.

 

Contesto

Il censimento, svolto su incarico di Regione Toscana dal Plant Dive Lab del DAGRI (Università degli Studi di Firenze), si è basato sulla definizione di bosco vetusto il quale, per poter essere candidato alla Rete Nazionale, deve presentare le seguenti caratteristiche (TUFF, articolo 3, comma 2, lettera s bis):

  • la presenza di specie autoctone spontanee coerenti con il contesto biogeografico;
  • una biodiversità caratteristica conseguente all’assenza di disturbi da almeno 60 anni;
  • la presenza di stadi seriali legati alla rigenerazione e alla senescenza spontanee.

Un bosco vetusto, inoltre, deve coprire un’area non inferiore a 10 ha e, per casi particolari espressamente motivati da specifiche caratteristiche, può scendere fino alla soglia minima di 2 ha.
È opportuno evidenziare che l’assenza di disturbo da almeno 60 anni potrebbe apparire una finestra temporale troppo breve per determinare effettive condizioni di vetustà di ecosistemi forestali. D’altra parte, tale soglia è stata individuata, a livello ministeriale in concerto con le istanze dal mondo scientifico, in un’ottica di prospettiva al fine di escludere gli effetti delle utilizzazioni forestali avvenute su vasta scala fino al secondo dopo guerra, i quali limiterebbero l’individuazione di un bosco vetusto a pochi casi isolati e fortuiti su tutta la nazione. Svincolandosi da tale dinamica è così possibile far coincidere l’istituzione della rete con un approccio di effettiva valorizzazione del patrimonio forestale, andando a individuare le aree di pregio conservazionistico che, comunque, mostrano già alcuni caratteri strutturali e composizionali di vetustà incipiente. Solo attraverso questo approccio sarà possibile incrementare a livello nazionale la superficie forestale considerabile come “vetusta” o potenzialmente vetusta, contribuendo così all’aumento dei boschi da porre sotto tutela stretta auspicato nella strategia europea.

Ciò appare in linea anche per il contesto toscano, caratterizzato da una capillare attività antropica che ha interessato il territorio dalle faggete della dorsale appenninica fino alla macchia mediterranea delle zone costiere e subcostiere. I fenomeni dinamici progressivi verificatisi a partire dagli anni ‘50, in molti casi determinati dall’abbandono colturale e, in altri, dall’istituzione di Aree Protette, ha prodotto condizioni di maturità avanzate di numerosi boschi in cui oggi si riscontrano elementi di diversità strutturale e composizione specifica in linea con le caratteristiche necessarie per la candidatura. I boschi potenzialmente vetusti della Toscana sono quindi esclusivamente “secondari”, ossia derivanti dalla forte riduzione del disturbo antropico e della gestione selvicolturale attiva in tempi relativamente recenti.

 

Censimento

Il lavoro di censimento si è svolto a partire da una prima attività di mappatura preliminare sul territorio regionale dei possibili boschi vetusti combinando la conoscenza diretta del gruppo di ricerca, l’analisi di letteratura, la raccolta di informazioni da parte di enti gestori e il supporto di sistemi informativi/immagini satellitari.
Ciò ha permesso di selezionare un primo elenco di 16 aree, individuate in questa fase prioritariamente nelle proprietà pubbliche e in particolare quelle incluse nel Demanio Regionale, in cui sono stati effettuati sopralluoghi ricognitivi e raccolte speditivamente informazioni in merito alla struttura forestale, alla biodiversità vegetale caratterizzante l’area e alla storia gestionale del soprassuolo.
Sulla base dei risultati ottenuti, il censimento si è in seguito focalizzato su 10 aree in cui il potenziale bosco vetusto è stato perimetrato e oggetto di analisi strutturali e rilevamenti sulla biodiversità come previsto dalla scheda ministeriale. Le attività si sono basate sulla realizzazione di almeno un’area di saggio per tipologia forestale ed un transect per ogni bosco, descritti sinteticamente di seguito:

  • Area di saggio per l’acquisizione di dati stazionali, cavallettamento totale degli individui (dalla classe diametrica di 10 cm), misura dell’altezza di almeno 5 individui appartenenti al piano dominante e dominato e stima visiva di legno morto a terra e copertura della rinnovazione.
  • Transect, corrispondente al tragitto percorso all’interno del bosco vetusto, finalizzato al censimento estensivo degli alberi caratterizzanti la vetustà del popolamento, in cui sono stati conteggiati gli individui vivi, morti in piedi e habitat con diametro a 1,30 m maggiore di 50 cm. Inoltre, sono state effettuate osservazioni sullo stato della rinnovazione arborea, sulla presenza di flora di particolare valore conservazionistico e di specie indicative dell’avanzato grado di naturalità del popolamento (licheni, funghi, briofite, insetti saproxilici, nidificatori di cavità).

Ulteriori informazioni e dati richiesti, che necessiterebbero di attività di ricerca pluriennali e competenze interdisciplinari, sono stati ricavati dall’analisi di letteratura e delle schede della Rete Natura 2000 specifiche di ogni area.
Durante i rilievi è stata posta particolare attenzione proprio alla presenza di specie floristiche potenzialmente indicatrici e spesso associate a stadi maturi del dinamismo forestale che, sebbene non richieste in dettaglio qualitativo per la candidatura, rappresentano un elemento importante per caratterizzare il grado di vetustà di un popolamento. Attenzione è stata anche posta alla presenza di habitat rari a livello regionale e prioritari secondo Natura2000. È il caso dell’unico sito di foresta vetusta igrofilo-planiziale a farnia e frassino ossifillo nel Parco di San Rossore (Foto 1), del popolamento isolato di Abies alba autoctono del Pigelleto di Piancastagnaio, delle faggete appenniniche a Taxus e Ilex (Habitat prioritario 9210*) (Foto 2), dell’unico nucleo spontaneo di Picea abies di Campolino (Foto 3) e altri. Questi esempi, in cui si ritrovano anche specie rare su scala regionale (Foto 4 e Foto 5), indicano come il dinamismo silvogenetico naturale abbia consentito la preservazione, in queste circostanze, di associazioni e peculiarità naturalistiche (Foto 6) di elevato pregio conservazionistico, tali da ritener opportune specifiche attività di studio e monitoraggio.

Nella Tabella 1 si presentano i risultati del censimento che ha condotto alla caratterizzazione di 10 boschi vetusti. Per essi sono qui indicati il Comune di appartenenza, l’estensione, i tipi forestali presenti nel perimetro ed eventuali Aree Protette già presenti nella medesima area. La loro distribuzione sul territorio regionale è visibile nell’Immagine 1.

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Tabella 1. Lista dei 10 boschi vetusti selezionati nella fase di censimento nell'ambito della Regione Toscana.

 

art.Verso_Rete_Nazionale_dei_boschi_vetusti-immagine-1

Immagine 1. Distribuzione dei 10 boschi vetusti selezionati (Google Earth®).

Nel grafico 1 è mostrata la frequenza delle categorie forestali dell'INFC nei boschi censiti a conclusione della fase di lavoro.

art.Verso_Rete_Nazionale_dei_boschi_vetusti-grafico-1

 

Grafico 1. Frequenza delle categorie forestali da INFC registrate in ogni bosco vetusto oggetto di censimento.

 

Considerazioni

Data l’eterogeneità orografica e climatica della Toscana, uno degli aspetti critici di maggior rilevanza per l’analisi del grado di vetustà è stato il livello di corrispondenza dei requisiti richiesti nelle linee guida e nella scheda di censimento per boschi collocati in diverse aree biogeografiche e con dinamiche naturali e caratteristiche ecologico-strutturali eterogenee. In ambiente mediterraneo, infatti, è stata riscontrata maggior difficoltà nel trovare una corrispondenza con i criteri ministeriali che risultano calibrati su parametri più continentali di areale centro-europeo con latifoglie e conifere montane, tanto da rendere utile un’interpretazione non equivalente. Nel caso del Bosco Vetusto di Tre Cancelli e in parte di quello della Valle del Farma, ad esempio, gli effetti del passato gestionale e le caratteristiche intrinseche degli ecosistemi forestali mediterranei influenzano direttamente i volumi di legno morto, la copertura della lettiera e i valori di area basimetrica, che acquisiscono fisiologicamente valori di media inferiori. In questi contesti la presenza di fattori limitanti, sia climatici che edafici, determina una progressione dinamica molto lenta della vegetazione, tale per cui, anche in periodi ben più lunghi dei 60 anni di non-disturbo indicati nelle linee guida, si continuano a mantenere stadi forestali di transizione fra la macchia e la foresta mediterranea, che non presentano le caratteristiche strutturali tipiche dei boschi vetusti di altri contesti. Per la valutazione del censimento in area mediterranea sono risultati maggiormente utili, quindi, gli aspetti legati a biodiversità caratteristica, stadi seriali e struttura orizzontale. Come mostrato nel grafico 1, si osserva tuttavia una maggior frequenza di categorie forestali di ambienti tendenzialmente montani.

Un ulteriore punto di riflessione riguarda l’aspetto gestionale. Come anticipato, il censimento si è rivolto prioritariamente nell’ambito delle proprietà pubbliche (Statali e Regionali), talvolta in aree su cui già vigevano piani di gestione. Per integrare al meglio gli obiettivi gestionali si evidenzia l’importanza di una fase di condivisione e coordinamento da parte delle Regioni con gli enti gestori, per informare sulle implicazioni e le opportunità dell’istituzione della Rete e definire, di conseguenza, eventuali nuovi presupposti di gestione. Questo risulterà fondamentale anche nel momento in cui l’istituzione della Rete coinvolgerà i boschi di proprietà privata, come già verificatosi in altre regioni.

 

Conclusioni

L’interpretazione e l’applicazione delle linee guida, a nostro avviso, deve tenere in considerazione la grande diversità degli ecosistemi forestali presenti sul territorio regionale e nazionale. In particolare, la valutazione degli attributi strutturali va calibrata in relazione al contesto biogeografico e alle caratteristiche ecologiche e composizionali del bosco. L’adozione stretta del concetto “classico” di foresta vetusta, nato in contesti montani e continentali, e dei relativi parametri di riferimento, potrebbe portare ad escludere potenziali boschi termofili con caratteristiche di vetustà in ambienti mediterranei subaridi e su suoli poveri, quindi a lento dinamismo. In queste situazioni, interpretare in modo flessibile i parametri strutturali e integrarli con gli aspetti della diversità biologica e degli organismi indicatori è importante per poter individuare con maggior precisione i boschi potenzialmente candidabili per la rete nazionale (Blasi et al. 2010).

I risultati ottenuti a valle della fase di censimento consentono di avere una prima mappatura dei boschi vetusti presenti sul territorio toscano, valutare le loro peculiarità e programmare le priorità gestionali. A seguito dell’analisi da parte di una Commissione Regionale appositamente costituita, saranno definiti nel prossimo futuro i siti che entreranno ufficialmente a far parte delle Rete Nazionale. L’auspicio è che venga mantenuta un’adeguata rappresentatività delle diverse tipologie/categorie forestali, con attenzione alla presenza di habitat e specie rare, e che la selezione avvenga secondo criteri condivisi per tutto il territorio nazionale così da formare una Rete funzionale e ben strutturata, la quale dipenderà, inevitabilmente, anche dallo stanziamento di fondi specifici per il monitoraggio, lo studio e la loro gestione.

Progetto incaricato e svolto con il contributo ministeriale erogato da Regione Toscana anche in attuazione della Strategia Forestale Nazionale. Progetto finanziato dall’Unione Europea - NextGenerationEU - Piano Nazionale Resistenza e Resilienza (PNRR) - Missione 4 Componente 2 Investimento 1.4 - Avviso N. 3138 del 16 dicembre 2021 rettificato con D.D. n.3175 del 18 dicembre 2021 del Ministero dell’Università e della Ricerca ; Codice progetto CN_00000033, CUP B83C22002910001, titolo “National Biodiversity Future Center - NBFC”.

Autori:
Giammarco Dadà, Plant Dive Lab DAGRI e Redazione Sherwood. E-mail:
Federico Selvi, Professore Ordinario Università degli Studi di Firenze, Plant Dive Lab DAGRI e Responsabile scientifico Progetto. E-mail:
Marco Cabrucci, Plant Dive Lab DAGRI. E-mail:
Elisa Carrari, Plant Dive Lab DAGRI. E-mail:

Blasi, C., Marchetti, M., Chiavetta, U., Aleffi, M., Audisio, P., Azzella, M. M., … Burrascano, S. (2010). Multi‐taxon and forest structure sampling for identification of indicators and monitoring of old‐growth forestPlant Biosystems - An International Journal Dealing with All Aspects of Plant Biology144(1), 160–170. https://doi.org/10.1080/11263500903560538

Sabatini FM, Burrascano S, Keeton WS, et al.  Where are Europe’s last primary forests? Divers Distrib.  2018; 24: 1426–1439. https://doi.org/10.1111/ddi.12778

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