Dall’Europa in fiamme al legno protagonista in Giappone, passando per strategie politiche negli USA e in Costa Rica fino ad arrivare alla formazione a domicilio per i proprietari di boschi: un viaggio planetario attraverso la politica, la scienza e la tecnica forestale.
Benvenuti alla nona edizione di Pillole Forestali dal Mondo, l’appuntamento mensile per esplorare insieme a noi il mondo forestale fuori dai confini dell’Italia. Conosceremo attori, progetti, buone pratiche e risultati che potranno ispirarci e fornirci elementi utili anche per la gestione di alberi e foreste nel nostro Paese.
Io sono Paolo Mori e qui in Redazione con me a selezionare e a commentare le notizie ci sono Luigi Torreggiani, Andrea Barzagli, Silvia Bruschini, Giammarco Dadà e Luca Musio.
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Gli incendi boschivi sono un disturbo naturale molto presente in Europa, in gran parte di origine antropica, storicamente concentrati nel Sud, ma ormai sempre più rilevanti anche per le regioni centrali e settentrionali. Secondo i dati EFFIS-JRC, alla fine di settembre, negli ultimi 19 anni la media annua è stata di oltre 320.000 ettari bruciati. Il 2025 ha segnato però un record: nello stesso periodo risultano percorsi da incendi più di 1.025.000 ettari, oltre tre volte la media, con 41,83 milioni di tonnellate di CO₂ rilasciate in atmosfera.
La Penisola Iberica è stata l’epicentro: Spagna e Portogallo hanno totalizzato circa 645.000 ha bruciati. In Spagna, soprattutto nel Nord-Ovest, sono bruciati 380.000 ha contro una media storica di 80.000; sei dei dieci incendi più grandi del secolo si sono verificati quest’estate (A Rua 44.400 ha, Uña de Quintana 40.800 ha, Benuza 32.600 ha). In soli dieci giorni sono state emesse 15-17 Mt di CO₂. In Portogallo (Nord) le fiamme hanno percorso 265.000 ha, quasi cinque volte la media e pari al 3% della superficie nazionale.
L’ondata di calore spagnola del 3-18 agosto è stata la più intensa mai registrata: +4,6 °C rispetto alla media, superando il record del 2022. Oggi, con un riscaldamento globale di +1,3 °C, condizioni estreme simili potrebbero verificarsi ogni 15 anni, mentre senza cambiamenti climatici si sarebbero presentate meno di una volta ogni 500; la probabilità è aumentata di 40 volte e l’intensità del 30%.
Altri Paesi colpiti: Romania con oltre 128.000 ha (cinque volte la media), Italia 77.500 (sopra la media di 51.000 ha, ma sotto i picchi del 2021 e 2023), Grecia 47.400, Francia quasi 36.000 e Bulgaria 29.000. In Francia l’incendio de l’Aude (Pirenei Orientali) ha distrutto quasi 17.000 ha in meno di 48 ore, propagandosi con grande velocità, che nei momenti di picco è arrivata anche a 1.000 ha/ora, e causando una vittima. A Cipro, l’incendio di Malia ha bruciato 108 km² (oltre l’1% del Paese), con due vittime, il peggiore della sua storia.
La pressione sugli interventi di spegnimento è stata altissima: nel 2025 il Meccanismo di Protezione Civile UE è stato attivato 17 volte. A questo proposito, con una situazione di abbandono di aree rurali e invecchiamento della popolazione diffusi in più contesti europei, l’Associazione spagnola degli ingegneri forestali stima che 1 € investito in prevenzione riduca di 100 € i costi di spegnimento. Questa constatazione si scontra, tuttavia con una marcata riduzione di fondi per la prevenzione, crollati del 52% tra 2009 e 2022, mentre le spese di soppressione sono rimaste stabili.
L’estate 2025 lancia un segnale inequivocabile: gli incendi boschivi non possono più essere gestiti solo come emergenze. Occorre un approccio sistemico e una vera gestione integrata degli incendi, fondata su prevenzione e risorse adeguate.

Svezia e Finlandia tornano a far sentire la loro voce a Bruxelles. Con una lettera congiunta inviata a Ursula von der Leyen il 15 settembre, i due primi ministri di Svezia e Finlandia, hanno chiesto alla Commissione Europea di aggiornare il regolamento LULUCF (Land Use, Land-Use Change and Forestry), che disciplina emissioni e assorbimenti del settore forestale.
I governi scandinavi segnalano che, a causa del rallentamento della crescita forestale e delle mutate condizioni geopolitiche, non riusciranno a rispettare gli obiettivi assegnati per il 2025 e per il 2030. Chiedono quindi maggiore flessibilità, correzioni tecniche e il riconoscimento del contributo dei prodotti forestali nella transizione climatica.
Finlandia e Svezia hanno storicamente un peso determinante nelle politiche forestali europee. Ad esempio si sono sempre opposte con decisione all’ipotesi di creare una Direzione Generale “Foreste” in seno alla Commissione… e infatti nonostante le foreste siano circa il 35% della superficie totale europea la Direzione generale non c’è.
I paesi scandinavi hanno scelto di adottare una strategia che punta a mantenere un forte controllo nazionale sulla gestione delle foreste, evitando che la competenza diventi centralizzata a Bruxelles.
Recentemente altri Paesi si sono organizzati per esercitare pressione politica coordinata. È il caso del gruppo ForForest+, nato su iniziativa di Austria, Slovenia, Finlandia, Svezia e Francia, a cui si sono recentemente aggiunte Lituania e Italia. Come racconta Luigi Torreggiani su Sherwood web, questo network mira a costruire una piattaforma comune di influenza sulle politiche forestali europee, bilanciando la spinta centralizzatrice sull’ambiente con le specificità forestali nazionali.
Il confronto sul futuro del LULUCF e sul ruolo delle foreste in Europa si preannuncia quindi aperto e… acceso.

Un approccio formativo davvero operativo arriva dal Belgio, grazie al Dipartimento della Natura e delle Foreste (DNF). Nel programma 2024-2025 spicca il corso “Accompagnement dans vos parcelles”: una sola giornata, ma altamente personalizzata.
I formatori del DNF non aspettano i partecipanti in aula, sono loro a raggiungere direttamente le particelle forestali degli iscritti, analizzando in loco fino a quattro diverse situazioni e fornendo proposte gestionali concrete, seguite da un sintetico rapporto.
Questo metodo “a domicilio”, che ricorda le "cattedre ambulanti" dell'Italia tra fine ottocento e metà del novecento, rappresenta un modello da prendere seriamente in considerazione anche per il contesto forestale italiano, dal momento che non abbiamo un vero e proprio sistema di formazione per i proprietari privati di boschi. I temi trattati nel corso belga spaziano dalla rinnovazione dopo una perturbazione alla diversificazione dei popolamenti, con l’obiettivo di tradurre la teoria in decisioni operative mirate.
Un modello agile, pratico e replicabile che senza dubbio merita attenzione anche oltre i confini del Belgio.


Il Professor Davide Pettenella, che ha sempre le antenne alzate sui temi forestali, anche da una sua vacanza nel Maine (Stati Uniti), ci ha spedito tre fotografie di cartelli che ha incontrato durante una passeggiata. Si tratta di tre semplici cartelli che raccontano in modo diretto e coinvolgente come una comunità può affrontare insieme il cambiamento climatico. Pettenella ce lo ha segnalato sia perché sa che siamo sensibili all’argomento sia perché si è accorto che si tratta di un esempio di comunicazione partecipativa efficace, simile per spirito a quanto promosso dal progetto europeo SUPERB e analizzato nel dossier sullo Story Telling Forestale di Sherwood 278. Vale la pena leggere la traduzione letterale di questi testi per trarne ispirazione.
Cartello 1 – DECIDERE INSIEME IL FUTURO CHE DESIDERIAMO
Le foreste di Acadia potrebbero passare da specie boreali, come abete rosso e abete balsamico, a specie che crescono meglio in un clima più caldo, come querce e noci americani.
Il cambiamento potrebbe non essere semplice, poiché il clima sta cambiando più rapidamente di quanto le specie arboree riescano a migrare, e molti ostacoli si frappongono lungo il cammino. Il personale del parco e i partner, come Friends of Acadia e Schoodic Institute, stanno sperimentando la piantagione di specie autoctone che potrebbero costituire la foresta di Acadia in un clima futuro.
Decidere di mantenere la foresta di Acadia come foresta è un modo per orientare il cambiamento.
Cartello 2 – LASCIARE CHE IL CAMBIAMENTO SEGUA IL SUO CORSO
Le foreste di Acadia sono cambiate nel tempo e oggi le specie più comuni sono alberi adattati al freddo, come abeti, pini, cedri e betulle bianche.
Questi alberi non si prevede possano prosperare in un futuro più caldo, e in alcuni casi abbiamo deciso di accettare il cambiamento. Ad esempio, la cocciniglia del pino rosso, un insetto invasivo, ha ucciso tutti i pini rossi del parco nel giro di pochi anni, un cambiamento troppo rapido e grave per essere contrastato.
Quali cambiamenti nel paesaggio di Acadia saresti disposto ad accettare?
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Cartello 3 – ACADIA STA CAMBIANDO, E NOI CON LEI
Stiamo applicando un nuovo approccio alla gestione che considera diverse opzioni per rispondere al cambiamento climatico:
Ad esempio, stiamo cercando di controllare circa 39 specie vegetali introdotte nel parco. Il cambiamento climatico favorisce la diffusione di queste piante invasive, riducendo la biodiversità complessiva. Rimuovere le specie problematiche per preservare gli habitat autoctoni è una forma di resistenza al cambiamento.
Il settore forestale statunitense lancia un segnale d’allarme alla Casa Bianca: la filiera del legno è sotto forte pressione per l’effetto combinato di disastri naturali, parassiti, chiusure di segherie e concorrenza estera sleale. Con una lettera datata 8 settembre 2025, proprietari privati, imprese e associazioni del comparto — che rappresentano complessivamente 3,9 milioni di posti di lavoro — hanno chiesto al Presidente Trump interventi urgenti per garantire la continuità produttiva, la sicurezza nazionale e la sopravvivenza economica delle comunità rurali.
La missiva individua quattro priorità operative:
La risposta politica non si è fatta attendere: il 20 settembre 2025 il Presidente Trump ha firmato una proclamazione presidenziale che introduce nuovi dazi sulle importazioni di legname e prodotti derivati. A partire dal 14 ottobre 2025, il legname tenero (softwood timber) e i semilavorati saranno soggetti a un dazio del 10 %, mentre mobili imbottiti e cucine in legno subiranno un dazio del 25 %, che salirà rispettivamente al 30 % e 50 % dal 1° gennaio 2026, salvo nuovi accordi commerciali. Alcuni partner strategici — Regno Unito, UE e Giappone — beneficeranno di condizioni tariffarie più favorevoli, con aliquote comprese tra il 10 % e il 15 %.
Questa mossa rafforza la linea auspicata nella lettera: da un lato sostiene la produzione interna e tenta di garantire indipendenza strategica, dall’altro introduce tensioni nei mercati globali e possibili ripercussioni per i Paesi esportatori. Per una panoramica dettagliata delle conseguenze sui flussi internazionali di legno e, in particolare, sull’Italia, si veda l’analisi di Davide Pettenella su Sherwood.

Il Costa Rica dall’aprile del 2025 punta sulla balsa, un legno tropicale leggerissimo ma strategico per numerosi settori industriali. Tradizionalmente raccolta nei boschi naturali, oggi questa risorsa è al centro di una nuova strategia nazionale: avviare piantagioni specializzate nella regione Huetar Caribe per ridurre il prelievo diretto dalle foreste e garantire un legno più omogeneo e tracciabile, adatto ai mercati internazionali.
La scelta è motivata da nuove opportunità globali: la balsa è richiesta per pale eoliche, pannelli sandwich aeronautici, nautica, componenti per auto sportive e strumenti musicali. Anche in Italia è utilizzata come anima interna di pannelli leggeri per la cantieristica e nel modellismo tecnico. Sul mercato internazionale i prezzi recenti oscillano tra 600 e 800 dollari al metro cubo (FOB), con valori più alti per i pannelli incollati di qualità superiore.
Il progetto è guidato dal Tecnológico de Costa Rica, che ha pubblicato studi e linee guida per i produttori. L’obiettivo è creare una filiera forestale sostenibile, in grado di diversificare la produzione nazionale e affiancare all’attuale legno tropicale una risorsa coltivata ad alto valore aggiunto.
Anche in Italia, il tema della produzione legnosa da coltivazioni specializzate è sempre più discusso. Nella puntata n. 60 delle Pillole Forestali dall’Italia, Luigi Torreggiani ha raccontato l’auspicio di un forte rilancio della coltivazione dei cloni di pioppo, risorsa chiave per la filiera nazionale. Come per la balsa in Costa Rica, la sfida è trovare risorse tecniche e finanziarie per trasformare questi desideri in realtà.


Il 20 settembre 2025, dopo sedici anni di negoziati e riforme legislative, il Ghana è diventato il primo Paese africano a rilasciare licenze FLEGT (Forest Law Enforcement, Governance and Trade) per l’esportazione di legno verso l’Unione Europea. Le prime sei licenze, concesse a cinque aziende locali, entreranno in vigore ufficialmente l’8 ottobre 2025 e permetteranno di esportare legname legalmente verificato senza ulteriori controlli doganali sulla legalità.
Si tratta di un passo storico: il sistema FLEGT certifica che il legno proviene da fonti legali e che è stato tracciato attraverso il Ghana Wood Tracking System, uno dei più avanzati del continente. Tuttavia, la partita non è chiusa. La licenza FLEGT non garantisce la piena conformità al Regolamento europeo sulla deforestazione (EUDR), che impone requisiti aggiuntivi, come la geolocalizzazione delle aree di origine e la prova che non ci sia stata deforestazione dopo il 2020.
Per il Ghana, la sfida è quindi duplice: da una parte consolidare la governance forestale interna e dall’altra prepararsi per tempo ai nuovi standard ambientali europei. Bruxelles, che ha da poco annunciato il rinvio di un anno dell’applicazione dell’EUDR, offre così una finestra utile per rafforzare sistemi di tracciabilità e conformità. Il successo del Ghana potrebbe diventare un modello per altri Paesi produttori africani, in un momento decisivo per definire le regole future del commercio sostenibile del legno.


Dal 13 aprile al 13 ottobre 2025, l’Expo di Osaka mette il legno al centro della scena, sia per la quantità impiegata sia per l’attenzione alla sostenibilità e alla riusabilità in ottemperanza al principio di economia circolare. La struttura simbolo della manifestazione, il Grand Ring, è una enorme passerella circolare coperta lunga due chilometri, alta fino a venti metri, che racchiude gli stand espositivi e funge da spina dorsale dell’intero sito. È stata realizzata con 27.000 metri cubi di legname ed è la più grande struttura architettonica in legno mai costruita, certificata da Guinness World Records il 4 marzo 2025.
Per la costruzione è stato utilizzato legno di conifere giapponesi, con l’aggiunta di pino silvestre europeo per alcuni elementi decorativi. Tutti i materiali provengono da fornitori che rispettano il Codice di Approvvigionamento Sostenibile adottato dall’organizzazione, che impone legalità, tracciabilità e criteri ambientali lungo l’intera filiera.
24 padiglioni su 60 utilizzano il legno come materiale prevalente, in coerenza con la strategia dell’Expo di puntare su risorse rinnovabili e facilmente riutilizzabili.
In questo contesto di sostenibilità un capitolo importante è quello delle certificazioni forestali. Lo schema PEFC ha ottenuto che i 7.000 metri cubi della copertura del Grand Ring provenissero da foreste certificate secondo i suoi citeri. Anche l’Italia si distingue: l’84% dei 742,57 metri cubi di legno utilizzati per costruire il Padiglione Italia sono certificati PEFC, rafforzando la credibilità ambientale della partecipazione nazionale.
Osaka 2025 si conferma così una vetrina internazionale per un nuovo modo di costruire, più responsabile e circolare.


In Australia, lo Stato del Queensland continua a registrare livelli di deforestazione tra i più alti del mondo di “cultura occidentale”.
Secondo i dati ufficiali 2022-23 del programma SLATS, in un solo anno sono stati eliminati e convertiti per al tre finalità 332.015 ettari di vegetazione arborea.
Il 21 per cento di queste aree era costituito da foreste “remnant”, cioè relativamente intatte.
L’86 per cento del disboscamento è legato all’espansione dei pascoli per il bestiame.
E circa tre quarti è avvenuto in zone dove non servono permessi, le cosiddette “Category X”.
Più di 30.000 ettari risultano invece di origine non chiara, e potrebbero includere tagli illegali.
Questi numeri arrivano dallo Statewide Landcover and Trees Study, SLATS: il sistema ufficiale di monitoraggio del governo del Queensland.
È gestito dal Department of Environment and Science e utilizza immagini satellitari e rilievi a terra per analizzare ogni anno i cambiamenti nella copertura arborea.
Spesso pensiamo alla deforestazione come a un problema legato ad Africa, Asia o Amazzonia.
Ma i dati australiani raccontano un’altra storia: anche in Paesi con istituzioni potenzialmente solide, la deforestazione può essere rilevante e rapida, soprattutto dove la pressione agricola è forte e i controlli inadeguati.
Ancora una volta, le cause principali non riguardano la gestione forestale, ma l’espansione agricola: vero motore della perdita di foreste.


La nuova edizione di Ottobre 2025 di The Status of Mediterranean Forests, pubblicata dalla FAO, offre un quadro aggiornato e dettagliato delle foreste e dei paesaggi mediterranei in un momento cruciale per la regione, dove si registra un rallentamento dell’espansione delle foreste. Negli ultimi trent’anni infatti la superficie forestale complessiva è aumentata del 12%, ma tale crescita è trainata quasi esclusivamente dai Paesi del nord del Mediterraneo, dove l’abbandono dei terreni agricoli ha favorito la ricolonizzazione naturale, fenomeno ancora presente, ma in significativo rallentamento. Al contrario, come avevamo già raccontato in una notizie delle Pillole Forestali dal Mondo n. 2, nei Paesi del Nord Africa la superficie forestale continua a ridursi, spinta dall’espansione agricola.
Il rapporto, oltre che al rallentamento dell’espansione delle foreste, dedica grande attenzione anche al ruolo strategico degli alberi e delle foreste urbane e periurbane, che assumono crescente valore come elementi chiave per regolare il microclima, migliorare la qualità della vita e costruire resilienza nell’interfaccia città–campagna.
La pubblicazione affronta inoltre i principali fattori di pressione, dai cambiamenti climatici agli incendi, dai parassiti invasivi al degrado del suolo, e illustra le opportunità legate al ripristino ecologico, alla gestione integrata del fuoco e al potenziamento del monitoraggio a lungo termine.
Per chi opera nella gestione del patrimonio forestale mediterraneo italiano, conoscere questo contesto è fondamentale: aiuta a leggere meglio le dinamiche che interessano anche il nostro territorio e a orientare decisioni strategiche o attivare sinergie con colleghi di altri paesi.

Per questa edizione di Pillole Forestali dal Mondo è tutto!
Vi ricordo che oltre a questa rubrica Sherwood propone anche le Pillole Forestali dall'Italia realizzate da Luigi Torreggiani.
Come le Pillole Forestali dal Mondo anche quelle dell'Italia sono gratuite e si possono sia leggere sul sito web di Sherwood che ascoltare in versione podcast. Infine vi rammento che anche voi potete contribuire a questa rubrica inviando notizie forestali dal mondo all'indirizzo .
Alla prossima edizione!
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Le foreste alpine sono al centro della sfida climatica, come garantire la loro gestione forestale sostenibile adesso che i tradizionali canali di finanziamento non bastano più?
PEFC Italia ha annunciato l’apertura di un bando volto a premiare le migliori tesi di laurea su tematiche legate alla gestione sostenibile delle foreste e alla lotta contro il cambiamento climati
L’obiettivo del convegno è quello di stimolare un dialogo sul potenziale del legno di montagna come risorsa strategica, integrandolo in un contesto turistico-ambientale che presenta contemporane
Lo studio basato sull analisi di circa 294 progetti in aree urbane ed extraurbane segnala oltre 3 milioni di nuovi alberi messi a dimora nel corso del 2024 per quasi 4.000 ettari di superficie.
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