Prove di ceduazione estiva e matricinatura a gruppi nei castagneti: nuovo video del progetto InVouderm
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Storicamente, il castagno ha ricoperto un ruolo chiave nell'economia rurale dell'Europa meridionale. Tuttavia, nel secolo scorso, a causa della diffusione di fitopatologie e dei diffusi cambiamenti socioeconomici, si è assistito prima ad un sostanziale cambio della gestione (da frutteto a ceduo) e successivamente ad un diffuso abbandono. Ciò ha spesso determinato un aumento della biomassa in bosco e della competizione intra- e inter-ceppaie, con la conseguente elevata mortalità dei polloni e delle ceppaie stesse. Questo, in molti casi, ha causato un problema di ribaltamento delle ceppaie che, a sua volta, ha provocato instabilità dei pendii. Inoltre, in molte zone suscettibili agli incendi, è indubbiamente aumentato il rischio, ulteriormente aggravato dall’avanzare della crisi climatica.
In questo difficile contesto, nelle Langhe liguri (dove i castagneti sono molto diffusi), il progetto di associazionismo forestale InVouderm mira ad intervenire rapidamente ripristinando la gestione dei cedui di castagno in avanzata fase di abbandono. Tra i partner del progetto c’è anche l’Università di Torino, che attraverso i ricercatori del Dipartimento DISAFA ha iniziato una sperimentazione selvicolturale relativa a due diversi aspetti:
- la possibilità di ceduare i castagneti anche in estate, oggi non prevista dalla normativa;
- l’opportunità di diffondere la matricinatura a gruppi, un approccio innovativo volto a creare isole di biodiversità più stabili rispetto alle classiche matricine isolate.
Sono questi i temi del nuovo video di InVouderm, realizzato da Compagnia delle Foreste.
Guarda il video:
Approfondimento: la sperimentazione sul taglio estivo
Insieme a Davide Vecchio, ricercatore forestale dell’Università di Torino e protagonista del filmato, abbiamo approfondito la sperimentazione sulla ceduazione estiva dei castagneti.
“Attualmente, in molte regioni italiane, i regolamenti forestali limitano il taglio dei cedui alla stagione di riposo vegetativo, tipicamente da metà settembre a metà aprile o maggio, a seconda dell'altitudine (RR 8/2011 per il Piemonte e RR 1/1999 per la Liguria)”, spiega il ricercatore. “Questa normativa, che si rifà a prescrizioni della seconda metà del XIX secolo prive di fondamenti scientifici, era ritenuta vantaggiosa per diversi motivi produttivi: la formazione di polloni proventizi più stabili e vigorosi, la conservazione della vitalità della ceppaia, la prevenzione di danni meccanici come il distacco della corteccia, e la lignificazione incompleta dei polloni prima delle gelate invernali. Oltre a queste convinzioni vi era un’importante ragione pratica alla base di questa scelta gestionale, ovvero la necessità di manodopera durante la stagione vegetativa per scopi agricoli. Oggi questa restrizione ostacola le potenzialità della gestione forestale adattativa in risposta ai cambiamenti climatici e sociali, contribuendo all'invecchiamento e all'abbandono dei cedui”.
In virtù della notevole plasticità ecologica, della grande resilienza e forte capacità di ricaccio del castagno, i ricercatori hanno ipotizzato che la stagione di taglio non influenzasse negativamente la vitalità della ceppaia o il vigore dei polloni, rendendo superflue le restrizioni stagionali sul taglio. Lo studio si è posto quindi come obiettivo quello di testare la fattibilità dell’estensione del periodo di taglio a tutto l'anno, come misura adattiva per aumentare le opportunità di gestione dei cedui di castagno di fronte ai cambiamenti climatici. Per valutare la fattibilità di questa proposta, in due cedui abbandonati del Piemonte e della Liguria (Volaggio - AL e Cairo Montenotte - SV), sono stati studiati gli effetti del taglio in diverse stagioni (inverno, primavera ed estate), monitorando la mortalità delle ceppaie, il vigore di ricaccio (numero e altezza dei ricacci) e la mortalità dei ricacci per un arco di tre anni.
“I dati sulla mortalità delle ceppaie hanno confermato la grande e duratura capacità di ricaccio dei castagni, in linea con gli studi passati (ad esempio Giudici e Zingg 2005), ed evidenziato come la stagione di taglio non porti a differenze significative rispetto alla mortalità delle ceppaie”, spiega Davide Vecchio illustrando i primi risultati dello studio.
“Anche l’analisi sull’accrescimento dei nuovi ricacci è risultata in linea con l’andamento tipico delle dinamiche naturali di competizione e diradamento (già illustrate da Westoby 1984). I ricacci delle aree tagliate in inverno, avendo avuto una prima stagione vegetativa più lunga, hanno mostrato generalmente altezze superiori rispetto a quelle dei tagli primaverili ed estivi, soprattutto al primo e secondo anno. Tuttavia, queste differenze si sono ridotte nel tempo, mostrando un’inversione di tendenza con forti accrescimenti da parte dei ricacci delle aree tagliate in primavera e, soprattutto, in estate”.
Il ricercatore sottolinea che anche l’analisi sulla mortalità dei ricacci ha evidenziato un’assenza di differenze significative tra le stagioni di taglio: “La maggior mortalità dei ricacci è stata osservata nelle classi dimensionali più piccole, sotto 1,25 m. Un risultato che riflette le dinamiche naturali di competizione, per le quali, nel tempo, i polloni più piccoli sono destinati a perdere la competizione per luce e risorse a favore di quelli più alti e vigorosi, come già dimostrato da Giudici e Zingg (2005) e Lowell et al. (1989)”.
I risultati dello studio hanno insomma evidenziato il vigore del castagno e la possibilità di gestire i cedui submontani e montani nelle aree calde e temperate durante tutto l'anno. “Questa strategia rappresenta un'opportunità per contrastare l'abbandono gestionale e mitigare gli impatti negativi legati ai cambiamenti climatici”, spiega Vecchio, “infatti, le poche differenze stagionali osservate, principalmente dopo la prima stagione vegetativa, hanno mostrato di attenuarsi entro pochi anni, suggerendo quindi la loro trascurabilità a fine turno, soprattutto alla luce dell’attuale tendenza di allungamento dei turni stessi per favorire assortimenti legnosi più grandi e di maggiore valore”.
Esistono, tuttavia, alcune criticità legate al taglio estivo che richiederebbero ulteriori approfondimenti in studi futuri. “Il taglio durante la stagione vegetativa può causare dei disservizi ecosistemici, ad esempio interferire con le attività riproduttive della fauna”, sottolinea il ricercatore, “inoltre, il taglio degli alberi e la movimentazione dei tronchi possono danneggiare gli alberi rilasciati e la rinnovazione corrente”.
Da non trascurare anche i feedback ricevuti dagli operatori forestali, che se da un lato si sono mostrati generalmente propensi alla possibilità di tagliare in estate, per le evidenti facilitazioni nell’organizzazione aziendale (come spiega l’imprenditore boschivo Gabriele Mao nel video), dall’altro hanno riportato alcune difficoltà. Tra queste: una maggiore complessità nel lavorare in boschi con chiome colme, la svalutazione dei residui legnosi destinati a cippato e temperature estive sempre più proibitive.
Video realizzati da Compagnia delle Foreste per il progetto InVouderm grazie al finanziamento DiFor-Masaf - “Bando di selezione delle proposte progettuali per la costituzione di forme associative o consortili di gestione delle aree silvo-pastorali” - Fondo Sviluppo e Coesione 2014-2020 - Piano Operativo Agricoltura, Sottopiano 3.
Giudici F., Zingg A., 2005. Sprouting ability and mortality of chestnut ( Castanea sativa Mill.) after coppicing. A case study. Ann. For. Sci. 62, 513–523.
Westoby M., 1984. The Self-Thinning Rule. In: MacFadyen, A., Ford, E.D. (Eds.), Advances in Ecological Research. Academic Press, pp. 167–225.
Lowell K.E., Garrett H.E., Mitchell R.J., 1989. Potential long-term growth gains from early clump thinning of coppice-regenerated oak stands. New For. 3, 11–19.
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Alcune volte si stabiliscono prescrizioni nel campo forestale non per ragioni scientifiche, ma per tradizioni e consuetudini consolidate nel tempo. Complimenti per la pubblicazione.
Effettivamente Antonello non è neppure la prima volta che si tratta l'argomento dei "tagli fuori stagione" in Italia. Ne fanno cenno i Prof.ri Ciancio e Nocentini tra pagina 106 e 107 de "Il bosco ceduo" dove si trova quanto segue:
"In particolare, PAVARI (1941-42) ricorda che «[...] esperienze fatte dal Bartet a Nancy sulla facoltà pollonifera del ceduo tagliato in varie stagioni, hanno dimostrato che per la quercia essa è maggiore nei mesi di marzo, aprile e maggio, e per il faggio in quello di aprile. […] In molti casi si è constatato che la primavera un po’ avanzata è favorevole per la ceduazione e ciò è in contrasto con quanto è stabilito nelle prescrizioni di massima le cui regole in questo campo non sono sempre fondate su rigorose esperienze. […] Nel ceduo a sterzo […] non si notano danni o diminuzione della facoltà pollonifera in seguito a ceduazione estiva»."
Che dire... approfondiamo... cerchiamo di capire e proviamo a rendere le regole più flessibili e coerenti con le conoscienze che abbiamo.
Io non andrei oltre maggio, non solo per rispettare le varie tradizioni locali ma anche per avere rispetto della flora e fauna boschiva. Momento di loro di massima espansione. Terrei in considerazione luglio.
Grazie Massimo del tuo commento.
Ovviamente, come sempre, la parola d'ordine è "dipende".
Nelle aree Natura 2000 ci sono già prescrizioni che limitano le utilizzazioni in certi periodi dell'anno, ad esempio per la nidificazione dell'avifauna. In altre aree la ceduazione primaverile-estiva potrebbe contribuire al recupero dei castagneti e all'organizzazione delle imprese, arrecado un disturbo tutto sommato limitato a poche superfici.
Sicuramente, nel caso i regolamenti venissero modificati, occorrerebbero degli approfondimenti tecnici caso per caso. Per ora si tratta di una semplice sperimentazione.
Sul tema delle tradizioni invece non sono molto d'accordo, altrimenti paradossalmente dovremmo montare ancora i fili a sbalzo o tagliare con il segone. Le tecniche avanzano, così come cambiano le prassi agricole in un contesto in continuo mutamento. Avrebbe poco senso, in nome della tradizione, non abbracciare l'innovazione.