La primavera 2025 ci racconta di un mondo forestale in pieno fermento.
Dall’Europa alle Americhe, passando per l’Africa, l’Asia e l’Oceania, parleremo di strategie attive contro gli incendi, scoperta di nuove specie arboree che sembrano uscite da un racconto mitologico, piantagioni intelligenti che aiutano a proteggere i grandi vecchi delle foreste..
E poi ancora: iniziative che mettono al centro le persone, la tecnologia e la trasparenza.
Tra tronchi di abete battuti all’asta a cifre da capogiro, allarmi per la perdita record delle foreste pluviali tropicali e tagli pesanti ai fondi ambientali negli Stati Uniti… ci sono però anche segnali positivi e concreti.
Come ad esempio il progetto europeo FIRE-RES, la mappatura dettagliata delle aree deforestate in Brasile e le nuove risorse divulgative della FAO.
Insomma, c’è tanto da raccontare… e ancora di più per approfondire, conoscere e comprendere!
Benvenuti alla settima edizione di Pillole Forestali dal Mondo, l’appuntamento mensile per esplorare insieme a noi il mondo forestale fuori dai confini dell’Italia. Conosceremo attori, progetti, buone pratiche e risultati che potranno ispirarci e fornirci elementi utili anche per la gestione di alberi e foreste nel nostro Paese.
Io sono Paolo Mori e qui in Redazione con me a selezionare e a commentare le notizie ci sono Luigi Torreggiani, Andrea Barzagli, Silvia Bruschini, Giammarco Dadà e Luca Musio.
Se potete leggere e ascoltare le Pillole Forestali dal Mondo è anche per la sponsorizzazione di PEFC Italia, che ringraziamo per consentire la diffusione gratuita dell'informazione forestale.
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Ecco la versione PODCAST (la trovi anche su tutte le piattaforme come Spreaker e Spotify):
Partiamo dal Tirolo, in Austria, dove durante l’annuale Presentazione del legno di pregio è successo qualcosa di davvero fuori dal comune: pensate che un tronco di abete rosso è stato battuto all’asta per 1.113 euro al metro cubo, un record assoluto, mai raggiunto prima in questa storica vendita!
L’evento si è svolto alla scuola agraria di Rotholz, la LLA Rotholz, e ha proposto al mercato oltre 600 metri cubi di legname selezionato, tra abeti, larici, pini cembri e diverse latifoglie. Si trattava di legno di altissima qualità, molto richiesto in Europa per realizzare strumenti musicali come violini e organi, ma anche per mobili di pregio e pezzi unici di artigianato.
Per darvi un’idea del valore raggiunto da quel tronco d’abete, basta confrontarlo con le altre offerte: il miglior larice si è fermato a 485 euro al metro cubo, e un pino cembro di alta qualità ha raggiunto 627 euro. Quindi sì, quell’abete era davvero qualcosa di eccezionale.
Josef Fuchs, presidente dell’Associazione Forestale tirolese, ha commentato così: “Questo evento dimostra quanto possa influire un buon marketing sulla salute economica di un’azienda forestale.”
Il tutto è stato raccontato nell’articolo originale di Marc Kubatta Große su Forst Praxis, dove si sottolinea l’importanza della selezione preventiva del legname migliore, un aspetto che facilita l’incontro tra domanda qualificata e offerta d’eccellenza, creando valore reale per i produttori, per i proprietari… e per l’intera economia forestale locale.
Questo del Tirolo è un bell’esempio di come la qualità, se raccontata bene, può davvero fare la differenza.
In un’Europa sempre più colpita da incendi intensi e prolungati, la European State Forest Association (EUSTAFOR) attraverso un nuovo video divulgativo, disponibile anche in italiano, spiega che interventi specifici, come diradamenti selettivi, piantagioni miste e riduzione mirata del sottobosco, rendano le foreste più sane, resistenti e meno infiammabili.
EUSTAFOR non è proprio l’ultima delle associazioni forestali europee, dal momento che rappresenta 39 enti forestali pubblici di 28 Paesi europei che gestiscono circa il 30% delle foreste dell’UE.
Per l’Italia aderisce ad EUSTAFOR l’Associazione Nazionale delle Attività Forestali Regionali, che conosciamo meglio con l’acronimo ANARF e che riunisce alcuni enti pubblici regionali del settore.
Secondo EUSTAFOR l’approccio proposto non è un ritorno al passato, ma un modello moderno basato su dati scientifici. L’obiettivo è agire prima che gli incendi si inneschino, riducendo il materiale combustibile e aumentando la resilienza ecologica.
In Irlanda, il Forestry Appeals Committee, conosciuto come FAC, ha appena pubblicato il suo Rapporto annuale 2024.
Il FAC è un organismo indipendente che si occupa di esaminare i ricorsi contro le decisioni ministeriali legate alla gestione forestale. In pratica, se un cittadino o un ente non è d’accordo con un’autorizzazione a tagliare, piantare, fertilizzare dall’alto o costruire qualcosa in ambito forestale… può fare ricorso. E sarà proprio il FAC a valutare la situazione.
Il rapporto, presentato ufficialmente al Ministro dell’Agricoltura, racconta che nel 2024 sono arrivati 146 nuovi ricorsi, 53 di questo sono ancora in sospeso da fine 2023, mentre 73 ricorsi sono stati chiusi nel corso del 2024. Il tutto con un tempo medio di risposta di 55 giorni dall’udienza.
Non male per un sistema che punta tutto su trasparenza e diritto al contraddittorio.
Il Ministro ha sottolineato quanto sia importante che ogni decisione possa essere contestata in modo chiaro e giusto. Insomma, in Irlanda il sistema funziona come un vero e proprio “filtro di giustizia forestale”, e ogni dato del Comitato è accessibile pubblicamente. Una garanzia che, pure in tempi difficili per la trasparenza e la coerenza, mette al centro il rispetto delle regole e dei diritti di tutti.
Parliamo adesso di FIRE-RES, un progetto europeo sostenuto da Horizon 2020 che raccoglie idee e tecnologie per affrontare gli incendi boschivi in modo integrato: prevenzione, monitoraggio, risposta e recupero.
Sul fronte della prevenzione, FIRE-RES promuove strumenti digitali che analizzano dati su clima, vegetazione e terreno per identificare le aree a rischio. In Francia, ad esempio, si sperimentano sistemi di gestione attiva del paesaggio con il coinvolgimento degli agricoltori, mentre in Grecia sono attive piattaforme partecipative per pianificare interventi locali insieme ai cittadini.
Per la rilevazione e la risposta, in Svezia e Norvegia si stanno testando droni e sensori autonomi capaci di monitorare il territorio in tempo reale, supportati da algoritmi di intelligenza artificiale. In Spagna, si usano cruscotti digitali che simulano scenari di incendio per migliorare la risposta operativa in fase di lotta.
Per il recupero post-incendio, in Portogallo, si utilizzano droni e ammendanti naturali per facilitare la rigenerazione del suolo, mentre nei Paesi Bassi si lavora su piattaforme che coordinano gli interventi tra cittadini, enti locali e addetti allo spegnimento.
FIRE-RES coinvolge 10 Paesi europei in una rete di Living Labs. Per l’Italia, è la Sardegna a fare da laboratorio a cielo aperto. Tutte le soluzioni selezionate dai partner del FIRE-RES sono raccolte in un Innovation Hub, consultabile online da tecnici, amministratori e cittadini.
Il messaggio è chiaro: per affrontare gli incendi serve agire prima, durante e dopo. E farlo insieme, con competenza, tecnologia e collaborazione accrescere l’efficacia di ogni azione.
Adesso ci spostiamo in Ontario, nel sud-est del Canada, dove un’associazione di proprietari forestali privati lavora da oltre trent’anni per promuovere la gestione sostenibile dei piccoli boschi. Si chiama Ontario Woodlot Association – OWA – ed è nata nel 1992 con una missione molto chiara: aiutare chi possiede un bosco a gestirlo bene, in modo responsabile e duraturo.
L’associazione conta oltre 2800 iscritti, distribuiti in 22 aree geografiche della provincia, e rappresenta una vera rete di supporto per chi intende gestire i propri boschi. Organizza corsi pratici, giornate formative nei boschi, e pubblica anche una newsletter trimestrale dedicata a tecniche di gestione, conservazione, lotta alle specie invasive, e persino alla produzione artigianale di sciroppo d’acero.
L’ Ontario Woodlot Association lavora anche sul piano politico, rappresentando i proprietari davanti alle istituzioni, per esempio su temi fiscali o di accesso agli incentivi. Collabora con università, enti pubblici e altre organizzazioni forestali del Paese.
Durante eventi straordinari, come la tempesta di ghiaccio del 1998 che devastò migliaia di ettari, l’associazione è stata un punto di riferimento per oltre 1000 proprietari, offrendo assistenza tecnica e fondi per la ricostruzione.
Nel 2025 ha ospitato anche il Global Forum dell’International Model Forest Network, un evento internazionale dedicato alla gestione sostenibile dei paesaggi forestali a cui hanno partecipato anche la Rete Mediterranea delle Foreste Modello e il nostro Andrea Barzagli.
La riflessione che sorge spontanea da questo esempio è che un’organizzazione con queste finalità e servizi – che unisca formazione, consulenza e rappresentanza politica – sarebbe davvero utile per risvegliare l’interesse e l’operatività di tanti proprietari forestali italiani.
Scendiamo leggermente a sud, negli USA, per una notizia sulle previsioni di bilancio 2026 del Dipartimento dell’Agricoltura degli Stati Uniti, l’USDA, e in particolare della parte dedicata alla gestione delle foreste.
Il quadro che emerge è chiaro: moltissimi programmi legati alla tutela ambientale, alla gestione sostenibile e al coinvolgimento delle comunità locali stanno per subire un taglio netto, in alcuni casi totale. Il budget del Forest Service passerà da circa 6,2 miliardi di dollari nel 2025 a 2,1 miliardi nel 2026. Una riduzione drastica.
Vediamo alcune voci.
Scompaiono, per esempio, i fondi per il programma “Forest Stewardship”, che aiutava i proprietari privati e tribali a gestire i propri boschi: 12 milioni sono previsti nel 2025, ma zero nel 2026.
Azzerati anche i finanziamenti per le “Community Forest”, cioè le aree boschive gestite direttamente dalle comunità. Si passa da 2,75 milioni nel 2025 a niente.
Tagliati anche i fondi per la forestazione urbana, con 18 milioni nel 2025, già dimezzati rispetto al 2024, e poi cancellati del tutto nel 2026.
E poi ci sono i programmi antincendio: fino al 2025 vengono mantenuti i 76 milioni per gli Stati e i 21 milioni per i vigili del fuoco volontari, ma anche questi nel 2026 vengono completamente eliminati.
La ricerca scientifica su foreste, cambiamenti climatici e biodiversità subisce un colpo durissimo: da 328 milioni nel 2025 si scende a soli 2 milioni nel 2026. Praticamente si chiude tutto.
In sintesi, l’intero sistema di supporto locale – che comprendeva formazione, conservazione, prevenzione incendi e collaborazione internazionale – viene drasticamente ridotto o smantellato.
Questo cambio di rotta va di pari passo con l’idea di creare un nuovo ente federale centralizzato, lo U.S. Wildland Fire Service, sotto il Dipartimento dell’Interno. L’obiettivo è rafforzare la risposta agli incendi su scala nazionale, ma si rischia di abbandonare proprio quei territori che negli ultimi anni hanno investito nella prevenzione e nella gestione partecipata del patrimonio forestale.
Una riforma radicale, insomma, che potrebbe cambiare per sempre il volto della politica forestale americana.
MapBiomas è un’iniziativa collaborativa attiva in Brasile dal 2015. Coinvolge ONG, università, laboratori di ricerca e startup tecnologiche, e si basa sulla piattaforma Google Earth Engine per creare mappe annuali dell’uso del suolo, monitorare l’acqua superficiale, gli incendi, e – dal 2019 – anche ogni singolo evento di deforestazione, grazie al progetto MapBiomas Alerta.
Secondo il Rapporto annuale 2024 sulla deforestazione, oltre il 97% della perdita di vegetazione autoctona registrata tra il 2019 e il 2024 è dovuta all’espansione di agricoltura e allevamento.
Ma c’è un dato interessante: per la prima volta dal 2019, la deforestazione è diminuita in tutti i biomi naturali del Brasile, tranne nella Foresta Atlantica, dove la situazione è rimasta stabile.
Nel complesso, nel 2024 si è registrata una riduzione del 32,4% rispetto al 2023. Un buon risultato, certo… ma che va letto con attenzione: perché nonostante il calo, la pressione resta altissima. Solo nel 2024 sono andati persi in media 3.403 ettari al giorno. Significa circa 142 ettari l’ora di foresta naturale che spariscono.
E qui si rende necessaria una considerazione: anche se l’Europa pianta nuovi alberi, non basta a compensare la perdita di superficie e biodiversità che avviene in Brasile.
Se vogliamo davvero contrastare la deforestazione, dobbiamo affrontare due grandi questioni: i nostri modelli di consumo, soprattutto nei Paesi più ricchi, e la crescita demografica globale, che ogni anno aggiunge 70 milioni di persone al pianeta.
Ignorare questi aspetti rischia di rendere incomplete le strategie di conservazione e tutela ambientale.
Il 20 marzo 2025, il giornalista Ryan Truscott ha pubblicato su Mongabay una storia davvero affascinante. Racconta la scoperta di una nuova specie di albero pluviale nelle montagne di Udzungwa, in Tanzania, identificata da Andrea Bianchi, botanico italiano laureato all’Università di Pavia, insieme a un team di esperti locali.
La specie è stata denominata Tessmannia princeps. Si tratta di alberi imponenti, che svettano fino a 35–40 metri, con robuste radici simili a zampe d’elefante. Analizzando un tronco caduto, i ricercatori hanno osservato una crescita lentissima: 12–15 anelli per centimetro di legno. Questo suggerisce un’età che potrebbe arrivare fino a 2.000 o addirittura a 3.000 anni. Ma attenzione: l’intervallo di incertezza è ancora molto ampio. Proprio per ottenere una stima più precisa, verrà eseguita a breve una datazione al radiocarbonio su un campione vivo.
Oggi conosciamo solo un centinaio di alberi adulti, di Tessmannia princeps, presenti nelle riserve forestali di Boma la Mzinga e Uluti. Per questo la specie, che appartiene alla famiglia delle Fabaceae, è considerata potenzialmente vulnerabile a causa della sua distribuzione estremamente limitata. Tuttavia è stata inserita nel progetto di riforestazione dell’Udzungwa Corridor e questo da buone speranze di una sua efficace ridiffusione nell’area d’origine.
Questa scoperta è un chiaro promemoria di quanto rimane ancora da conoscere nelle foreste tropicali africane, veri e propri scrigni di biodiversità. E il lavoro di Bianchi – descritto dai coautori come un “momento da brivido” – sottolinea l’urgenza di proteggere questi luoghi unici, prima che sia troppo tardi.
Nel primo trimestre del 2025, le importazioni cinesi di tronchi hanno registrato un calo significativo, totalizzando 8,07 milioni di metri cubi per un valore di 1,352 miliardi di dollari, con una diminuzione del 9% in volume e del 10% in valore rispetto allo stesso periodo del 2024. Il prezzo medio si è attestato a 168 dollari/m³ (CIF), in calo dell’1,3%.
Le importazioni di legname di conifere, pari al 72% del totale, sono scese del 7% a 5,78 milioni di metri cubi, con un prezzo medio in calo del 5% (127 dollari/m³). Ancora più marcata la flessione per il legname di latiìfoglie, in calo del 14% (2,28 milioni di m³), sebbene il prezzo medio sia salito del 6% (271 dollari/m³). I tronchi tropicali, 15% del totale, sono scesi del 19% in volume e del 23% in valore.
Secondo l’ITTO, cioè l’International Timber Trade Organization, le cause principali del calo sono la debole domanda interna, legata alla crisi del settore immobiliare, e la politica “bamboo instead of wood”, che promuove materiali alternativi per un’edilizia sostenibile. le tensioni commerciali con gli USA hanno aggravato la situazione: da aprile 2025 la Cina ha interrotto le importazioni di tronchi statunitensi.
Un recente studio, descritto da Monica Evans su Forest News, il sito web di CIFOR-ICRAF di cui abbiamo già parlato anche nella PFM 6, mostra come la conservazione degli alberi vetusti possa essere favorita indirettamente dalla piantagione e gestione di nuove aree forestali.
Specie arboree ad alto valore economico, come il massoia (Cryptocarya massoia) – dalla cui corteccia si estrae un olio essenziale usato in profumeria e medicina – possono essere coltivate in piccoli lotti dalle comunità locali. Ciò consente la generazione di reddito senza ricorrere al disboscamento delle foreste primarie. Si tratta di un efficace meccanismo di conservazione indiretta, che riduce la pressione sulle foreste naturali promuovendo fonti alternative e sostenibili.
La progressiva rarità in natura degli esemplari adulti di alcune specie, ha reso necessaria la creazione di sistemi produttivi pianificati per evitare ulteriori danni agli ecosistemi forestali.
Se poi si punta ad introdurre piantagioni multifunzionali, si può contribuire a soddisfare anche i bisogni locali di legna da ardere e materiali da costruzione, favorendo al contempo l’assorbimento di carbonio.
Questo approccio, che unisce redditività economica e conservazione ambientale, rappresenta una via concreta per mitigare la deforestazione causata dall’agricoltura itinerante, stimolando al contempo la rinnovazione di quelle che erano foreste primarie.
Un modello simile potrebbe essere replicato anche in Italia, non tanto per ridurre la pressione sulle foreste, che è già tra le più basse in Europa, ma soprattutto per creare alternative produttive agli imprenditori agricoli e offrire all’industria una fonte locale di approvvigionamento di legname di pregio più facilmente programmabile e più svincolata dalle norme di tutela forestale.
Fonte: Forest Education Foundation
Adesso, in tema di istituzioni internazionali, vi parliamo di una novità targata FAO davvero interessante: si chiama Turning Over a New Leaf, ed è uno strumento interattivo, multilingue e visivamente coinvolgente pensato per raccontare, in modo chiaro e accessibile, temi complessi legati alla diversità genetica delle foreste.
È un prodotto digitale che utilizza animazioni dinamiche, testi brevi e linguaggio semplice, per rendere comprensibili i contenuti del Secondo Rapporto sullo Stato delle Risorse Genetiche Forestali Mondiali (SoW-FGR 2023) e del relativo Piano d’Azione Globale per la Conservazione, l’Uso Sostenibile e lo Sviluppo delle Risorse Genetiche Forestali. Se seguite le nostre Pillole Forestali dal Mondo, forse li ricorderete: li abbiamo già presentati nella sesta edizione.
Questo strumento è pensato per un pubblico molto ampio. Può essere un’occasione di apprendimento per studenti, appassionati, cittadini curiosi o decisori politici, ma anche un valido supporto didattico per tecnici e gestori forestali.
Turning Over a New Leaf si articola in tre sezioni principali:
Un altro punto di forza è la disponibilità in diverse lingue, tra cui anche l’italiano, il che lo rende uno strumento molto utile anche per la formazione e la divulgazione a livello nazionale.
In sintesi, Turning Over a New Leaf è molto più di una risorsa tecnica: è un ottimo esempio di comunicazione scientifica fatta bene, che unisce contenuti solidi e linguaggio accessibile per avvicinare sempre più persone al complesso mondo della biodiversità forestale.
Lo sapevate che le foreste piantate coprono circa il 7% della superficie forestale globale? Parliamo di circa 290 milioni di ettari, di cui 131 milioni coltivati intensivamente con alberi a crescita rapida, i cosiddetti Fast Growing Trees, o FGT.
Nel maggio 2025, la FAO ha pubblicato un libro interamente dedicato a queste piantagioni, con un focus speciale su pioppi e salici, ma con esempi che arrivano da tutto il mondo e che trattano anche dell’impiego di altre specie.
Il volume è il risultato del lavoro di 43 autori da 9 Paesi diversi. Al suo interno, semplificando molto troviamo:
È un testo dedicato a ricercatori, tecnici, pianificatori, decisori politici, ma anche proprietari terrieri. L’obiettivo è stato quello di aggiornare i destinatari e promuovere buone pratiche per una gestione sostenibile delle FGT su scala globale.
Chiudo questa notizia con una nota di soddisfazione personale, sia perché questa pubblicazione è stata realizzata anche grazie al coordinamento editoriale di Compagnia delle Foreste attraverso Andrea Barzagli, sia perché all’interno c’è un capitolo dedicato alle piantagioni policicliche potenzialmente permanenti con cloni di pioppo (Piantagioni 3P) – un argomento che seguo con passione da oltre 25 anni e in cui l’Italia offre un contenuto di innovazione.
Secondo un articolo firmato da Goldman, Carter e Sims, pubblicato a maggio 2025 sul sito del World Resources Institute, il 2024 ha segnato un nuovo, preoccupante record: nei tropici sono andati perduti ben 6,7 milioni di ettari di foresta pluviale primaria. Un’estensione enorme, grande quasi quanto l’intera Irlanda.
I dati, forniti dal laboratorio GLAD dell’Università del Maryland e diffusi tramite la piattaforma Global Forest Watch, ci parlano della peggiore perdita registrata negli ultimi vent’anni.
Per dare un’idea della scala: nel 2024 la foresta tropicale primaria è scomparsa a un ritmo di 18 campi da calcio al minuto. Praticamente il doppio rispetto al 2023. E questa sola perdita ha generato 3,1 miliardi di tonnellate di gas serra, una quantità pari alle emissioni annuali dell’uso di combustibili fossili in tutta l’India.
La causa principale di tutto ciò sono stati gli incendi. Nel 2024, hanno bruciato una superficie forestale cinque volte superiore a quella dell’anno precedente. E, per la prima volta, hanno superato l’agricoltura come causa dominante della deforestazione tropicale, nonostante anche la conversione agricola sia aumentata del 14%.
La quasi totalità di questi incendi è di origine umana. Sono spesso legati alla necessità di liberare il terreno per nuove coltivazioni. L’America Latina è stata tra le aree più colpite: i progressi ottenuti in Brasile e Colombia nel 2023 sono stati completamente annullati.
L’impatto è evidente anche nei dati: se tra il 2002 e il 2024 la percentuale di foreste bruciate era del 13,3%, nel solo 2024 questa è salita al 49,5%. Una vera impennata.
E allora torna la domanda di fondo: perché servono così tanti terreni agricoli? Perché c’è una crescente domanda di prodotti agricoli. E se vogliamo davvero contenere la deforestazione, dovremo partire da qui: ridurre i consumi, soprattutto di carne rossa, nei Paesi più ricchi e contenere l’incremento demografico a livello globale.
Perché più saremo, più consumeremo, e meno spazio resterà per le foreste e per tutte le specie che da esse dipendono.
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Nel giugno 2025, Compagnia delle Foreste ha partecipato a due eventi chiave sugli incendi: la plenaria del Fire Hub (FAO, Roma) e il convegno all’Accademia dei Georgofili (Firenze).
AIFER nasce per rispondere alla crescente importanza del ruolo degli istruttori forestali come riferimento per gli operatori e per gli uffici forestali regionali.
Recentemente siamo stati invitati alla sede di KRPAN, dove abbiamo potuto osservare la nuova generazione di verricelli e le linee di produzione.
Nell'era dei social, il Gruppo "Boschi Cedui" SISEF fa una scelta contro corrente: niente slogan, ma rigore e rispetto per la complessità della scienza.
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