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Commenti & Proposte

ARIBT scrive a Regione Toscana: dalle nuove norme di conservazione della RN2000 un impatto "potenzialmente drammatico" sul settore

lettera imprese ceduo

di ARIBT - Associazione Regionale Imprese Boschive della Toscana

Commenti & Proposte è uno spazio libero che ospita considerazioni e idee inviate alla Redazione. I testi qui pubblicati non sono sottoposti a lettura di Referee e non rispecchiano necessariamente la posizione della Redazione o del Consiglio Editoriale di Sherwood.

Pubblichiamo una lettera inviata alle istituzioni della Regione Toscana da ARIBT, l'Associazione regionale delle imprese boschive. La lettera, cofirmata da numerose sigle del settore forestale e anche ambientalista (CIA, AIEL, Legacoop Agroalimentare, Legambiente Toscana, Circolo Altomugello) riguarda alcune proposte relative alla nuova regolamentazione selvicolturale per gli habitat forestali di interesse comunitario, in discussione in queste settimane. Tra queste proposte, come abbiamo scritto nell'edizione numero 54 della rubrica "Pillole forestali dall'Italia", c'è anche quella di alzare il turno minimo per tutti i cedui a 25 anni. 

 

Illustrissimi Presidente, Vicepresidente e Assessori,

ci rivolgiamo a Voi in merito al processo di revisione delle misure di conservazione per i siti Natura 2000 attualmente in corso presso la Regione Toscana. Le informazioni che abbiamo potuto acquisire sulle nuove regolamentazioni in fase di definizione suscitano in noi profonda preoccupazione per il loro potenziale impatto sulla gestione forestale e sulla vitalità socio-economica dei territori montani.

La filosofia che emerge dalle proposte di regolamentazione appare fondata su un equivoco di fondo: l'idea che la conservazione degli habitat forestali di interesse comunitario richieda necessariamente l'abbandono o una drastica limitazione delle pratiche selvicolturali tradizionali. Questa visione non solo ignora secoli di evidenze storiche, ma contraddice le più recenti acquisizioni scientifiche in ambito forestale.

Gli ecosistemi che oggi si intende tutelare non sono "foreste vergini" ma paesaggi culturali, plasmati dall'interazione secolare tra l'uomo e l'ambiente. La complessità ecologica e la biodiversità che caratterizzano questi habitat sono il risultato, non l'antitesi, della gestione selvicolturale attiva.

Dall'esame delle proposte emergono diverse problematiche di carattere tecnico, ambientale ed economico:

  1. Approccio rigido e indifferenziato. Le regolamentazioni proposte adottano un approccio "taglia unica" che non considera l'enorme variabilità delle condizioni ecologiche, stazionali e socio-economiche dei diversi contesti forestali toscani. Un bosco dell'Amiata presenta caratteristiche ed esigenze gestionali profondamente diverse da uno dell'Appennino o delle colline costiere.
  2. Ignoranza delle dinamiche biologiche specifiche. Le prescrizioni tecniche ignorano le peculiarità biologiche delle diverse specie forestali. L'esempio più evidente riguarda i castagneti, per i quali si propongono allungamenti dei turni e conversioni a fustaia in contrasto con le caratteristiche biologiche della specie, che tende al rapido deperimento e al ribaltamento in età avanzata.
  3. Sottovalutazione della multifunzionalità forestale. Le proposte sembrano considerare la funzione produttiva del bosco come antagonista rispetto a quella conservativa, quando numerosi studi dimostrano che una gestione attiva e sostenibile può potenziare contemporaneamente la globalità dei servizi ecosistemici (biodiversità, stabilità idrogeologica, stoccaggio di carbonio e produzione legnosa).
  4. Rischi ecologici dell'abbandono gestionale. Paradossalmente, molte delle misure proposte, favorendo l'abbandono gestionale, potrebbero risultare controproducenti per gli stessi obiettivi di conservazione, determinando:
  • Omogeneizzazione strutturale dei soprassuoli
  • Perdita di biodiversità legata agli ambienti ecotonali e agli stadi giovanili del bosco
  • Maggiore vulnerabilità agli incendi, alle patologie e ai cambiamenti climatici
  • Instabilità idrogeologica in aree montane già fragili
  1. Insostenibilità economica e sociale. Le restrizioni proposte non consentirebbero utilizzazioni per tutto il tempo intercorrente fra le attuali età dei cedui ed i turni minimi previsti (ad esempio, in Amiata il turno del ceduo di castagno oscilla fra i 12 ed i 20-22 anni, quindi per arrivare ai 25 anni imposti dalla norma occorrerebbero almeno 3 annualità nelle quali sarebbe del tutto sospese le utilizzazioni), e si verrebbero a prendere produzioni realizzabili con i turni di minore età, con evidenti ripercussioni sulla operatività delle ditte boschive, in particolare nei territori montani dove queste attività rappresentano spesso l'ultima opportunità economica rimasta. Il risultato sarebbe un ulteriore spopolamento, la perdita di un presidio territoriale fondamentale, l’impoverimento di interi territori, la perdita di mercati conquistati in anni di onesto lavoro.

In considerazione dell'impatto potenzialmente drammatico di queste regolamentazioni sul patrimonio forestale toscano e sulle comunità che da esso dipendono, richiediamo formalmente:

  • Un incontro urgente con i rappresentanti tecnici e politici competenti della Regione
  • L'avvio di un processo partecipativo che coinvolga attivamente tutti i portatori d'interesse nella definizione delle misure di conservazione
  • La sospensione dell'iter di approvazione delle nuove regolamentazioni fino al completamento di tale processo

Siamo convinti che solo attraverso un confronto aperto e costruttivo, basato su evidenze scientifiche e sulla conoscenza del territorio, sia possibile definire misure di conservazione realmente efficaci, che tutelino gli habitat valorizzando, anziché penalizzando, il ruolo attivo delle comunità locali e della selvicoltura.

 

Qui sotto è possibile scaricare la lettera con tutte le firme e - molto importante per contestualizzare la lettera stessa - un documento tecnico con le osservazioni sui singoli passaggi che secondo le imprese boschive sono più critici:

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