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Nuove misure di conservazione per la Rete Natura 2000: il Cluster Italia Foresta Legno chiede di evitare “valutazioni non scientificamente fondate e non socialmente condivise”

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Position Paper misure di conservazione RN2000
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di Luigi Torreggiani

 

Alcune settimane fa abbiamo pubblicato una lettera molto dura, inviata alla Regione Toscana dall’associazione regionale delle imprese boschive ARIBT e cofirmata da numerose altre sigle del settore forestale, riguardante alcune proposte relative alla nuova regolamentazione selvicolturale per gli habitat forestali di interesse comunitario, cioè quelli che ricadono nella Rete Natura 2000. Questa revisione, attuata per far fronte a una procedura di infrazione europea, è sembrata agli occhi di molti osservatori ricca di elementi critici, non solo per le possibili ricadute economiche e sociali, ma anche per la scarsa efficacia rispetto alla conservazione di specie e habitat, che spesso sono direttamente connessi alle pratiche agro-forestali tradizionali. Un esempio eclatante è quello di una misura di conservazione che prevede l’allungamento del turno minimo di utilizzazione dei cedui di castagno a 25 anni in aree dove storicamente si produce paleria fine con turni più brevi. 

Secondo i firmatari della lettera, le proposte in discussione denotano non solo “un approccio rigido e indifferenziato”, ma anche “ignoranza delle dinamiche biologiche” e “sottovalutazione della multifunzionalità forestale”. Nella sua missiva, l’associazione delle imprese boschive parlava anche di rischi derivanti dall'abbandono gestionale e di insostenibilità economica e sociale delle misure proposte.

Anche a seguito di questa lettera, un acceso dibattito, sia tecnico-scientifico che politico, si è presto acceso non solo in Toscana, ma anche in altre regioni italiane che stanno modificando le misure di conservazione. Questa discussione ha portato il Consiglio regionale toscano, lo scorso 27 maggio, ad approvare un atto di indirizzo proposto dalla Consigliera PD Federica Fratoni, in cui si chiede alla Giunta regionale di: “Assicurare che gli interventi regionali volti all’adeguamento alla direttiva Habitat […] siano improntati a criteri di proporzionalità, sostenibilità e coerenza territoriale, evitando soluzioni indifferenziate che possano pregiudicare l’equilibrio ecologico, sociale ed economico delle aree interessate”.

 

Il Position Paper del Cluster nazionale

A contribuire a questo vivace e interessante dibattito è anche il Cluster Nazionale Italia Foresta Legno, che ha da poche ore reso noto un Position Paper “in merito alle proposte di nuove misure di conservazione per i boschi ricadenti nella Rete Natura 2000”.

“Le aree rientranti nei siti della Rete Natura 2000 costituiscono la forma di vincolo maggiormente diffusa in Italia, con 2000 siti terrestri per un totale di 5,8 milioni di ettari”, si spiega nel documento, “si tratta di un'importante passo a tutela della biodiversità europea a cui l'Italia fornisce un contributo di rilievo ed è apprezzabile l'intento di chiudere, dopo molti anni, la relativa procedura di infrazione comminata allo Stato italiano”.

Tuttavia, ricordando che più del 51% della superficie totale ricadente in Rete Natura 2000 è occupata da foreste, il Cluster sottolinea come lo spirito sia della Direttiva Uccelli che della Direttiva Habitat siano stati disattesi: “Le attività tradizionali, come la selvicoltura, sono state spesso penalizzate senza adeguate giustificazioni, generando conseguenze negative anche sulla conservazione di alcuni habitat”.

Nel documento si cita anche la recente approvazione della Nature Restoration Law (Regolamento UE 2024/1991), per cui l’Italia dovrà elaborare entro 18 mesi il Piano nazionale previsto dalla norma. Secondo la nuova legge europea, questo Piano dovrà prevedere un’integrazione sinergica dei suoi obiettivi con gli altri obiettivi di tutela ambientale, sociale ed economica.

Proprio per questo, il Cluster nazionale Italia Foresta Legno propone che l'elaborazione delle misure di conservazione degli habitat delle specie afferenti alla Rete Natura 2000 in risposta al procedimento di infrazione europea, con riguardo alle aree forestali, avvenga: “Con il tempo necessario a studiare le misure adeguate e sito-specifiche, prive di valutazioni non scientificamente fondate e non socialmente condivise, valorizzando invece le molteplici conoscenze ed esperienze territoriali localmente, poiché è indispensabile tenere conto delle caratteristiche ecologiche e gestionali locali quali pendenza, fertilità, composizione e trattamenti selvicolturali pregressi”.

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Le richieste avanzate dal Cluster

Il Position Paper si conclude con tre richieste specifiche.

Viene chiesto innanzitutto che le misure di conservazione siano chiare, facilmente applicabili, traducibili in reali pratiche forestali armonizzate con le comunità locali.

Si propone poi che le Autorità competenti provvedano, contestualmente alle proposte, ad elaborare anche misure di compensazione e adeguate sovvenzioni economiche, sia per mitigare le riduzioni di reddito derivanti dalla loro attuazione, sia per promuovere tecniche selvicolturali innovative che conseguano ai nuovi obiettivi di conservazione proposti per singola area. Queste misure di compensazione, secondo il Cluster, dovranno essere indicate con precisione, chiarendo quale sia la fonte finanziaria prevista, quali siano gli importi dedicati alle compensazioni, da quale Autorità regionale siano gestite e secondo quali accordi amministrativi. Premessa indispensabile a tali quantificazioni è l’esatta valutazione delle aree boschive sottoposte alle nuove misure di tutela, ed alla loro perimetrazione per singolo habitat.

Infine, viene indicata come indispensabile una fase transitoria o di sperimentazione guidata dal principio del modello adattativo basato sull’evidenza, considerata la base di ogni pianificazione ambientale moderna e adatta alla fase di incertezza sull’evoluzione degli ecosistemi forestali di fronte alla crisi climatica.

 

Un dibattito aperto

Quella del Cluster nazionale Italia Foresta Legno è una posizione chiaramente critica sulle possibili (e in certi casi già evidenti) derive dell’attuale processo in atto, ma al tempo stesso anche ricca di proposte concrete.

Ci auguriamo che anche grazie a questo genere di documenti il dibattito possa continuare, guidato da uno dei principi guida della Strategia europea per la Biodiversità 2030, citata nel documento, che riconosce il ruolo delle pratiche tradizionali compatibili ed il ruolo ecologico dei disturbi, quando di intensità leggera o moderata.

Seguiremo con interesse gli sviluppi del dibattito e le scelte politiche delle regioni, Toscana in primis

Un commento

  • Con interesse scientifico vorrei unirmi al dibattito sulle zone boscate inserite nella rete Natura 2000 anche per il territorio della Regione Campania, ove opero. Si devono sicuramente proteggere e tutelare la biodiversità, il paesaggio e gli habitat prioritari, così come non sono giustificabili i ritardi relativi alla predisposizione dei Piani per le zsc e zps, ma occorre anche divulgare l'idea che la coltivazione del bosco rientri tra le attività umane più antiche e legate all'economia dei territori montani e che, comunque, gli aspetti ambientali debbano integrarsi con quelli produttivi e sociali di una comunità. Se noi tecnici non diffondiamo tali semplici ma opportune considerazioni, saremo anche noi complici di una distorta e ambigua informazione. Grazie per il vostro lavoro. Antonio Fiorella 

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