Associazionismo: una sfida antica e nuova per le foreste italiane
Questa è l'introduzione del DOSSIER pubblicato sul numero 270 di Sherwood | Foreste e Alberi oggi, la versione integrale è disponibile solo per gli abbonati nella versione cartacea, nella APP e sul sito, come sfogliabile. Abbonandoti non solo avrai accesso a questo e ad altri contenuti riservati ma contribuirai a sostenere tutto il lavoro della Redazione di Sherwood. Visita la sezione dedicata agli abbonamenti cliccando qui.
di Luigi Torreggiani - Redazione di Sherwood
“L’Amministrazione forestale presta gratuitamente l’assistenza e la consulenza ai silvicoltori ed agli industriali forestali principalmente pel conseguimento dei seguenti scopi: a) La difesa della piccola proprietà montana e l’incoraggiamento alla costituzione di associazioni e consorzi di proprietari di boschi per l’esercizio dell’industria silvana, per la prevenzione e l’estinzione degli incendi; per la difesa contro i parassiti animali e vegetali, per il taglio e la vendita dei prodotti forestali”
“Le disposizioni del presente decreto sono finalizzate a: [...] c) Promuovere e tutelare l’economia forestale, l’economia montana e le rispettive filiere produttive nonché lo sviluppo delle attività agro-silvo-pastorali attraverso la protezione e il razionale utilizzo del suolo e il recupero produttivo delle proprietà fondiarie frammentate e dei terreni abbandonati (colturalmente), sostenendo lo sviluppo di forme di gestione associata delle proprietà forestali pubbliche e private”
Queste due frasi, estrapolate da testi normativi tuttora vigenti, sono state scritte a circa un secolo di distanza. La prima è contenuta nella “Legge Serpieri” del 1923; la seconda è invece parte del Testo Unico su Foreste e Filiere forestali (TUFF), del 2018. Si tratta di due chiare indicazioni dello Stato che dimostrano quanto il tema dell’associazionismo in campo forestale sia al centro del dibattito da moltissimo tempo, nonostante le foreste italiane e le filiere ad esse connesse siano assai cambiate nel corso dei decenni, così come il loro contorno sociale. “Incoraggiare”, come scriveva Serpieri, o “promuovere”, come enuncia il TUFF, le varie forme di associazionismo in ambito forestale era, e rimane tuttora, una priorità politica per realizzare una razionale e responsabile gestione delle nostre foreste. Un patrimonio che oggi occupa oltre un terzo del Paese e che, per quasi il 65%, è di proprietà privata spesso piccola e frammentata: condizione che ostacola enormemente una lungimirante proiezione gestionale di medio-lungo periodo. Da qui l’annosa necessità di stimolare la cooperazione, il “fare rete” tra proprietari e gestori, ma anche tra gli anelli della stessa catena: gli attori delle filiere forestali, tradizionali ed emergenti.
Da oltre un secolo lo Stato dichiara di volersi impegnare con forza in questa direzione. Nei decenni, anche grazie alle politiche di Regioni e Province Autonome, sono stati raggiunti risultati degni di nota, anche se sparsi a “macchia di leopardo” sui territori. Perché parlarne ancora? Cosa c’è di così nuovo da raccontare?
Se è vero che il tema dell’associazionismo forestale è sempre stato d’attualità, è indubbio che negli ultimi anni se ne stia discutendo sempre più spesso. Da un lato, il TUFF e la Strategia Forestale Nazionale hanno dato una spinta alla gestione attiva e sostenibile delle foreste, riavvicinando la politica a questo tema; dall’altro, la crisi climatica in atto ci sta mettendo di fronte alla necessità di scelte strategiche, tra le quali l’adattamento di territori spesso in stato di abbandono e la produzione di materia prima rinnovabile di origine locale. Ecco che, in questo contesto, il cooperare, il fare rete, tornano ad essere azioni fondamentali.
La finalità di questo dossier non è perciò quella di portare novità, piuttosto di far riflettere sulle diverse facce di un’antica e nuova opportunità. L’associazionismo, in sé, non rappresenta la soluzione a tutti i problemi forestali - come dichiarano gli Autori del primo contributo - ma si pone indubbiamente come un ottimo “punto di partenza”. Ragionarne, analizzando le esperienze nazionali e internazionali, diventa utilissimo per riaprire una “vecchia mappa” e iniziare a orientarsi, individuando sentieri antichi e nuovi.
Nel Dossier vengono anche proposte riflessioni su esempi di gestione collettiva che potrebbero rappresentare modelli di governance, casi che hanno riportato il tema al centro della progettualità, ma anche testimonianze dirette di chi, sui territori, sta sperimentando diverse forme di cooperazione e di chi, a livello nazionale, sta provando a impostare efficaci politiche di settore.
Questo Dossier ci pone infine anche di fronte ad un’immagine stimolante, non sempre chiara nel dibattito pubblico: le nostre foreste come “sistemi socio-ecologici”. In questo concetto si può trovare l’essenza del fare rete, la motivazione principale per continuare ad investire, con rinnovato entusiasmo, in questa sfida antica e nuova per le foreste italiane.
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