Addio al “doppio vincolo” paesaggistico sugli interventi selvicolturali
Approvato l'emendamento che toglie il doppio vincolo ai boschi che ricadono in aree di interesse...
In molti, nelle ultime settimane, avranno letto o sentito parlare della forte polemica nata attorno al taglio di oltre 500 larici a Cortina d’Ampezzo per la realizzazione della pista da bob olimpica. Una vicenda mediatica che a molti forestali avrà fatto storcere il naso, a causa di certi termini utilizzati e del messaggio semplificato che è trapelato sui giornali, che come spesso accade hanno associato il taglio di alberi ad una sicura devastazione. Ma in effetti quell’intervento, connesso ad un cambio di destinazione d’uso del suolo per un’opera costosa e dall’incerto futuro, può e deve farci riflettere. È ciò che prova a fare Luigi Torreggiani, che all’interno del nuovo volume “Scivolone olimpico” è autore di un saggio dedicato a questa “caso”.
Tra le infrastrutture in via di realizzazione per le Olimpiadi invernali Milano-Cortina 2026, la pista da bob ha acceso negli ultimi anni un dibattito fortemente partecipato, diventando un “caso mediatico” emblematico. Se il costo dell’impianto andrà a superare abbondantemente i 100 milioni di euro, il numero dei praticanti italiani non arriva a sessanta unità: perché allora investire così tanto in un impianto sportivo che, come dimostra la pista da bob di Cesana Pariol, realizzata in occasione delle Olimpiadi di Torino 2006 e abbandonata a pochi anni dall’inaugurazione, rischia di rivelarsi l’ennesima “cattedrale nel deserto”? Una strada alternativa era percorribile e a portata di mano: appena al di là del confine, due impianti già predisposti, a Innsbruck e Saint Moritz, erano disponibili a ospitare le gare olimpiche. Utilizzarli sarebbe stata una scelta lungimirante: avrebbe messo al riparo la Conca ampezzana dall’ennesima infrastruttura d’impatto e avrebbe altresì rappresentato un messaggio di razionalità in senso ambientale ma anche di apertura verso uno spazio alpino senza confini.
Per riflettere su questa decisione, fortemente spinta dall’attuale Governo e dalla Regione Veneto anche se sconsigliata dal CIO - Comitato Olimpico Internazionale, la casa editrice People in collaborazione con L’AltraMontagna ha pubblicato un volume a più voci, un “instant book” che affronta le concause, i retroscena, i numeri del business, le conseguenze socioeconomiche.
Tra i dieci saggi presenti nel volume anche un testo di Luigi Torreggiani, giornalista di Sherwood e collaboratore de L’AltraMontagna, che affronta uno dei “momenti simbolo” del cantiere per la pista da bob: il taglio di oltre 500 larici. Questa operazione, forse più di ogni altra, ha sollevato indignazione, polemiche e forti prese di posizione, sfociate anche in eccessi verbali e cortocircuiti mediatici.
Nel testo di Torreggiani si ripercorre la storia del bosco di Ronco, un cammino parallelo a quello della comunità ampezzana, riflettendo sul contesto culturale e socioeconomico in cui il taglio dei larici, necessario alla costruzione della nuova pista, si è inserito.
“La storia del lariceto di Ronco ci insegna che il cammino parallelo di foreste e comunità passa anche dalla gestione del bosco, dal taglio programmato di alberi all’interno di Piani che garantiscono la sostenibilità delle operazioni selvicolturali per generare servizi ecosistemici (ad esempio la funzione “turistico ricreativa”, così importante per quel bosco e per Cortina) e nel contempo produrre materia prima rinnovabile (l’utilissimo e bel legno di larice), rinnovando e mantenendo integra la foresta nel suo insieme”, scrive Torreggiani. “Se il Bosco di Ronco fosse stato semplicemente gestito dal punto di vista forestale avrebbe subìto molti meno danni. Ma quel bosco, ormai da decenni, è stato invaso prepotentemente da un modello di sviluppo di cui la nuova pista da bob è solo l’ultima, eclatante espressione. Il vero problema, di conseguenza, non è tanto da ricercare nel taglio degli alberi in sé, quanto in quel modello che l’ha reso inevitabile. Il vero tema su cui è necessario discutere e riflettere è quindi la scelta di rinunciare al valore intrinseco e collettivo – ambientale, paesaggistico, sociale - di quella striscia di bosco per fare spazio ad un’opera impattante, costosissima, riservata a pochi, di discutibile utilità e dall’incerto futuro. Quale messaggio si nasconde dietro questa scelta? Quale idea di montagna? Davvero non c’erano alternative?”
“La pista da bob di Cortina è un simbolo. È il simbolo della società dello spettacolo a cui non riusciamo a rinunciare, per tanti motivi: per egoismo, per calcolo economico miope, per "struzzaggine", per indifferenza al dove e al quando”, scrive Mauro Varotto, geografo dell’Università di Padova, nelle conclusioni del volume. “Uno spettacolo fuori tempo massimo in tutti i sensi: fuori dal tempo meteorologico, fuori dal tempo ecologico, ma anche fuori dalla logica economica, se si fanno bene i conti (cioè considerando socializzazione delle perdite e privatizzazione dei profitti), e dunque fuori dal tempo semplicemente del buonsenso”.
“Scivolone olimpico”, questo il titolo del volume, è disponibile in libreria e negli store online. L’intero compenso destinato agli autori verrà devoluto, per decisione unanime, alla Fondazione G. Angelini. Il fine è sostenere chi si occupa quotidianamente di studiare il passato e il presente delle nostre montagne per immaginarne un futuro sostenibile.
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