Addio al “doppio vincolo” paesaggistico sugli interventi selvicolturali
Approvato l'emendamento che toglie il doppio vincolo ai boschi che ricadono in aree di interesse...
l frutto non appare danneggiato esternamente, ma può essere morbido al tatto. L’interno è bianco gesso o marrone con il progredire del marciume.
di Luisa Ghelardini e Paolo Capretti
Gnomoniopsis castaneae è un fungo microscopico patogeno di origine controversa, che colpisce i castagni in diverse parti del mondo. Si sviluppa come endofita fin dalla fioritura, ma si rivela in maniera vistosa solo al momento dell’utilizzazione delle castagne nelle quali causa un tipo di marciume detto bruno o gessoso. La malattia si è manifestata con gravità e frequenza crescenti negli ultimi anni causando preoccupazione tra i produttori e ingenti perdite di prodotto.
Come altri funghi G. castaneae può vivere in fase asintomatica nell’ospite. Tuttavia, in condizioni favorevoli può causare necrosi sulle foglie e cancri sui rametti. L’osservatore attento può notare i segni del patogeno anche sulle vecchie galle seccagginose di Dryokosmus kuriphilus (cinipide del castagno o vespa cinese), l'insetto di origine asiatica introdotto in Europa con cui G. castaneae ha instaurato una relazione che è ancora oggetto di studio. Infatti, sulle vecchie galle causate dal cinipide, come sui ricci maturi, si formano, se c’è umidità sufficiente, i corpi fruttiferi del fungo, che appaiono come pustole mucillaginose in macchie brune. Sono stati sviluppati protocolli diagnostici molecolari specifici e rapidi per il rilevamento del fungo in tessuti asintomatici, che potrebbero assistere gli operatori del settore nelle scelte relative alla conservazione e alla lavorazione delle castagne (Vettraino et al. 2021).
Il fungo produce fruttificazioni microscopiche sulle galle secche del cinipide galligeno del castagno sulla chioma, oltre che su residui vegetali a terra.
Il fungo classificato come G. castaneae (sinonimo Gnomoniopsis smithogilvyi) è un ascomicete dall'identità dibattuta tra gli specialisti. Non è un fungo nuovo in Europa dove è ampiamente diffuso. Si trova infatti in: Croazia, Francia, Grecia, Irlanda, Italia, Portogallo, Slovenia, Spagna, Svizzera, Repubblica Ceca, Regno Unito. Nel resto del mondo è presente in Asia (India e Turchia), in America (Michigan, Cile), in Australia e Nuova Zelanda.
Il ciclo biologico peculiare caratterizzato da una lunga fase endofitica lo ha reso elusivo. Infatti, vive in rametti, fiori e frutti in formazione senza svilupparsi eccessivamente e fare danni se non in condizioni particolarmente favorevoli ossia in piante indebolite da fattori di stress. In questi casi il fungo prolifera nei tessuti, causa piccoli cancri sui rami e a fine stagione vegetativa invade il frutto e lo fa marcire. Al tempo stesso uccide i tessuti delle galle di D. kuriphilus che offrono un substrato aggiuntivo di crescita e riproduzione. Sverna su tessuti morti. È diffuso da vento, pioggia e insetti. Danni crescenti potrebbero essere associati al ripetersi di condizioni di stress legate al cambiamento del clima.
Oggi il marciume bruno è la malattia più dannosa alla produzione di castagne. Il danno è visibile al taglio delle castagne, quando l’interno del frutto appare inizialmente bianco gesso, spugnoso e poi vira bruno. Il fungo compromette i frutti per il consumo fresco in quanto ne altera il sapore e può contaminare le farine. Nei frutti danneggiati da G. castaneae, che non risulta essere un fungo tossigeno, possono svilupparsi con maggiore frequenza anche specie di Fusarium, Aspergillus e Penicilllium produttrici di micotossine. Può fare danni anche in vivaio causando cancri sulle marze.
G. castaneae infetta il castagno (Castanea sativa, C. crenata e loro ibridi, C. mollissima) danneggiandone i frutti e causando talvolta necrosi sugli organi vegetativi, ma la sua presenza, talvolta come endofita o saprofita, è segnalata anche su altre Fagaceae (leccio e cerro) e su poche specie di altre famiglie di latifoglie (nocciolo e orniello) e una conifera (pino marittimo) (EPPO range ospiti).
Controllare il patogeno e contenerne la diffusione, data la sua natura di endofita, è molto difficile. L’esecuzione di potature aiuta a mantenere le chiome sane e distanziate, riducendo l'efficienza della diffusione tra le piante. Prove recenti, svolte dal gruppo di ricerca del Prof. Moricca presso il DAGRI - Università di Firenze, indicano che trattamenti endoterapici tramite iniezione di Trichoderma nei fusti potrebbero ridurre l'incidenza della malattia. Per conservare le castagne raccolte occorre evitare che restino a terra in ambiente umido. È consigliata la “curatura” immergendo le castagne in acqua fredda per alcuni giorni oppure alternando acqua calda (45-50° C) e acqua fredda (15-18°C) per circa un’ora. Il bagno in acqua calda (50 °C per 45 min) è la fase cruciale per inattivare completamente G. castaneae nei frutti, ma non protegge dalle altre muffe che producono micotossine (Carmen Morales‐Rodriguez et al. 2022). L’aggiunta in “curatura” di enzimi ottenuti da Trichoderma, un fungo classico agente di biocontrollo, migliora la conservazione. Studi recenti indicano che trattare le castagne con ozono ha effetto fungistatico senza alterarne la qualità (Vettraino et al. 2019 ). Si stanno studiando i parametri climatici influenti sull’incidenza della malattia per costruire modelli di previsione del rischio sul territorio.
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