Marco Merola: raccontare l’adattamento ai cambiamenti climatici

di Luigi Torreggiani
Nell’ambito di una delle nostre recenti recensioni abbiamo raccontato di Adaptation, un progetto di “constructive journalism” - ovvero una forma di giornalismo che si concentra sul positivo che può nascere dal negativo e sulla ricerca di soluzioni - dedicato al grande tema dell’adattamento al riscaldamento globale.
Si tratta di un “webdoc” molto interessante sia per la forma che per i contenuti: una tipologia di “giornalismo evoluto”, basato su una piattaforma digitale, che permette agli utenti di navigare in varie puntate mescolando a testi inserti multimediali di vario genere, in particolare videointerviste, fotografie e musica.
Adaptation è un progetto aperto, in continuo divenire, che propone un viaggio alla ricerca di buone pratiche di adattamento sia italiane che internazionali. Al momento sulla piattaforma è presente una puntata dedicata all’Olanda e quattro relative ad altrettante regioni Italiane: Trentino, Veneto, Emilia-Romagna e Calabria.
La puntata trentina, in cui ampio spazio è dedicato alla tempesta Vaia e alla successiva valorizzazione del legno locale, ci ha permesso di entrare in contatto diretto con il giornalista che ha ideato e che cura il progetto Adaptation: Marco Merola, che da più di vent’anni segue per varie riviste internazionali i temi legati a scienza, ambiente e tecnologia. Abbiamo quindi pensato di cogliere questa occasione e realizzare un’intervista in cui chiedere a Marco di raccontarci più nel dettaglio il suo progetto e alcuni “consigli di comunicazione”.
Ci è sembrata in particolare un’opportunità per presentare ai nostri lettori il progetto Adaptation, la sua innovativa forma comunicativa e i suoi contenuti. Riteniamo infatti che questa iniziativa di comunicazione, alla continua ricerca di storie di adattamento da raccontare, possa in futuro coinvolgere tanti aspetti e storie del nostro settore, spesso in “prima linea” rispetto al tema dell’adattamento ai cambiamenti climatici.
L’intervista integrale con Marco Merola è qui disponibile in formato podcast. Sotto invece trovate un estratto scritto delle sue risposte.
Che cos’è e come è nato il progetto Adaptation?
Adaptation è un webdoc, quindi un documentario ospitato sul web, che si differenzia molto da un comune sito internet. Questa forma di giornalismo è pensata per raggiungere pubblici molto vari, differenziati sia per età, che per formazione e conoscenza dei temi, in questo caso quello del cambiamento climatico. La considero una forma di “giornalismo evoluto”, un prodotto giornalistico di nuova generazione che io e il mio gruppo di lavoro abbiamo mutuato dai grandi giornali statunitensi. L’idea è di prendere un grande tema e di raccontarlo a tappe, attraverso tante storie connesse tra loro ma valide anche singolarmente, narrate con forme comunicative nuove e diversificate.
Qual è l’obiettivo di Adaptation?
Noi vogliamo raccontare in maniera verticale che cos’è l’adattamento al cambiamento climatico, un tema ancora troppo poco conosciuto e spesso equivocato. Talvolta si pensa all’adattamento al cambiamento climatico come a una forma di rassegnazione, all’inattività di fronte al problema, ma non è così. L’adattamento è l’altra faccia della medaglia della mitigazione ed è altrettanto necessario, perché inevitabile. Dobbiamo, come singoli e come società, adattarci, perché anche se riuscissimo nel compito fantascientifico di azzerare a breve le emissioni, il cambiamento climatico, per anni, cambierà comunque le nostre vite, il modo di affrontare le nostre attività quotidiane. Per fortuna esistono già oggi tante storie positive di adattamento e raccontarle è a mio avviso fondamentale. Il giornalismo normalmente non arriva a questo livello di approfondimento, troppo spesso si ferma al racconto delle catastrofi. La nostra sfida è invece quella di dare una prospettiva costruttiva, rispondere a chi si chiede “ok, c’è il cambiamento climatico e molte nostre attività saranno stravolte… e quindi?”. Con Adaptation proviamo a dare un senso e numerosi esempi per reagire a quel “e quindi?”
Talvolta si pensa all’adattamento al cambiamento climatico come a una forma di rassegnazione, all’inattività di fronte al problema, ma non è così. L’adattamento è l’altra faccia della medaglia della mitigazione ed è altrettanto necessario.
Ci fai alcuni esempi forestali di adattamento tra quelli che hai raccolto, in particolare in Trentino?
Ad esempio, in alcune aree del Trentino dopo la tempesta Vaia si è scelto di recuperare aree che storicamente erano a pascolo e poi sono state colonizzate dal bosco a seguito dell’abbandono. Recuperarle significa fare un “re-design” del territorio, per renderlo più resiliente.
Un altro esempio è ovviamente relativo al legno e alla capacità di valorizzarne volumi molto più elevati rispetto alla normalità. Istituzioni e imprese si sono interrogate molto su come gestire la quantità di legno abbattuta dalla tempesta, Vaia è diventata anche un’occasione per far nascere nuove idee.
Cos’hai imparato calandoti nella complessità del settore forestale?
Sono appassionato di boschi ma ovviamente non conosco i dettagli tecnici della gestione forestale. Una delle cose più interessanti che ho osservato è questa grande “battaglia” tra tecnici, professionisti e scienziati che parlano di gestione forestale e le frange più estremiste dell’ambientalismo, che rifiutano ogni azione umana sui boschi. Conoscendo il vostro settore ho capito quanto la gestione forestale può essere utile: è essa stessa una grande forma di adattamento, ad esempio per quanto riguarda la prevenzione degli incendi boschivi. È vero, come genere umano abbiamo spesso “stuprato” gli ecosistemi, ma abbiamo anche compreso come è possibile “aiutare la natura a fare la natura”.
Il buon giornalismo non deve solo dare notizie, ma anche raccontare il contesto. E in ambito forestale c’è davvero bisogno di più approfondimento, complessità e di narrazione del contesto. Il diffuso contrasto alle biomasse ad uso energetico è un esempio davvero emblematico: certo, ci sono problemi enormi, serve spirito critico, ma anche tanta apertura verso ciò che non si conosce.
Conoscendo il vostro settore ho capito quanto la gestione forestale può essere utile: è essa stessa una grande forma di adattamento.
Come possiamo superare, come settore forestale, la grande difficoltà di comunicare i nostri temi verso il grande pubblico?
Da giornalista e comunicatore penso che, prima di tutto, occorra declinare i messaggi in maniera diversa a seconda del pubblico a cui ci si vuole rivolgere. Un concetto sul quale dovreste puntare con molta più forza è quello di “infrastruttura verde”. Quando sentono il termine “infrastruttura” le persone pensano ad un ponte, ad un’autostrada. Far passare il messaggio che un bosco è una vera e propria infrastruttura che genera servizi ecosistemici è fondamentale, perché allora diventa più semplice spiegare che, come per tutte le infrastrutture, è necessaria una gestione attiva, pena la perdita di alcuni dei servizi che, come società, chiediamo a questi ecosistemi.
Tornando alle tecniche di comunicazione, per gli adulti funzionano molto bene i numeri, per i bambini e ragazzi le immagini, ma per tutti i target l’attività più efficace in un ambito come il vostro rimane quella di portare le persone nel bosco oppure, al contrario, provare a portare il bosco e la gestione forestale nelle case delle persone, cioè collegarli alla quotidianità.
Far passare il messaggio che un bosco è una vera e propria infrastruttura che genera servizi ecosistemici è fondamentale, perché allora diventa più semplice spiegare che, come per tutte le infrastrutture, è necessaria una gestione attiva.
Il TEDx Talk di Marco Merola dedicato alla presentazione del progetto Adaptation
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