Pillole forestali dall’Italia #21 - Boschi vetusti, alberi monumentali e altre notizie di giugno

Ciao a tutte e a tutti e benvenuti all'edizione numero 21 di “Pillole forestali dall’Italia”, l’appuntamento quindicinale che vi descrive e commenta 5 tra le principali notizie su foreste e legno in Italia selezionate dalla redazione di Sherwood, sia in forma scritta che come podcast.
Questa rubrica è sponsorizzata da PEFC Italia e FSC®Italia, che ringraziamo per aver scelto di sostenere il nostro lavoro.
Preferisci ascoltare o leggere?
Ecco la versione PODCAST (la trovi anche su tutte le piattaforme come Spreaker e Spotify):
Qui invece le notizie da LEGGERE:
BOSCHI VETUSTI IN RETE
Lo scorso 15 giugno è stato pubblicato in Gazzetta Ufficiale il decreto con cui viene istituita la “Rete nazionale dei boschi vetusti”, come avevamo preannunciato in una scorsa edizione delle Pillole.
L'Italia, secondo quanto riportato dal Masaf, è la prima nazione in Europa a dare il via a questa Rete, che è stata prevista dal Testo Unico su Foreste e Filiere forestali e che ha l’obiettivo di valorizzare la biodiversità degli ecosistemi preservando i boschi con le migliori caratteristiche di naturalità.
Al momento, nel nostro Paese, sono stati censiti 166 boschi vetusti, per una superficie complessiva di oltre 4.000 ettari. La definizione prevede che essi debbano essere estesi almeno 10 ettari, non utilizzati dall'uomo da oltre 60 anni e presentare tutti gli stadi di evoluzione della componente arborea. Tutti i Boschi vetusti dovranno ora essere riconosciuti, eventualmente integrati e identificati come tali dalle singole Regioni per poi essere inseriti nella Rete nazionale, alla cui gestione, monitoraggio e aggiornamento provvederà la Direzione foreste del Masaf, esattamente come avviene per l’elenco degli “Alberi monumentali d'Italia”. Una volta inseriti, i Boschi vetusti iscritti alla Rete nazionale saranno georeferenziati e mappati nella “Carta forestale d'Italia”, in corso di realizzazione. Una sezione a parte della Rete nazionale dei Boschi vetusti ospiterà anche le 13 faggete riconosciute dall'Unesco come Patrimonio mondiale dell'umanità, per un'ulteriore superficie complessiva di 2.150 ettari.
Si tratterà quindi, per ora, di circa 6.000 ha di foreste distribuite tra tutte le Regioni: una superficie esigua rispetto al totale, che sarà sottratta alle normali pratiche gestionali per favorirne la naturalità e studiarne le dinamiche evolutive. Bisognerà tuttavia vigilare sul fatto che questo strumento, anche in futuro, sarà utilizzato per reali emergenze ambientali e non come “scusa” per bloccare la gestione di ampi territori. La parola d’ordine, come sempre, dovrà essere “equilibrio”: sarà compito di Regioni, Province Autonome e Ministeri competenti - meglio se in rete e con il coordinamento di un comitato tecnico-scientifico - valorizzare al meglio questo strumento nell’ottica di una visione multifunzionale e sostenibile dei territori rurali.
Per approfondire:
UN BEL LIBRO SU COMUNI E ALBERI MONUMENTALI
La Fondazione Symbola, in collaborazione con il Masaf, ha pubblicato un interessante studio che incrocia biologia e antropologia. Il volume, molto gradevole anche esteticamente, si intitola “Piccoli comuni e Alberi monumentali d’Italia” e raccoglie informazioni dettagliate, anche attraverso illustrazioni, infografiche e tabelle, sui comuni che ospitano gli Alberi monumentali iscritti al Registro nazionale. Su un totale di 4.006 alberi monumentali individuati al 2022 sul territorio italiano, 1.968 si trovano nei piccoli comuni. Sono inoltre 1.440 i comuni italiani con almeno un albero monumentale: di questi, 885 sono piccoli comuni.
Regione per Regione, zona per zona, vengono descritte non solo le statistiche legati ai "monumenti vegetali", ma anche le caratteristiche e alcune storie e leggende legate a particolari esemplari, trasformando così il report anche in una potenziale “guida turistica” per scoprire questo patrimonio diffuso capillarmente in tutto il territorio nazionale.
Secondo Ermete Realacci, Presidente di Symbola, il rapporto: “Racconta la relazione intima tra boschi, alberi monumentali, piccoli comuni, territori e comunità. Legami oggi più che mai necessari, come ricorda il Manifesto di Assisi, per rafforzare la nostra economia e la nostra società, superando le crisi in atto e costruire così un futuro più a misura d’uomo”.
Sfogliando il Rapporto viene da pensare a quanto gli alberi monumentali rappresentino elementi identitari per alcuni territori, entrando in storie, leggende, letteratura, canzoni, immagini, detti popolari, ricordi e tradizioni. Ma essi possono diventare anche attrattore turistico ed essere protagonisti di visite guidate, escursioni ed eventi culturali.
Sono un vero e proprio patrimonio, da tutelare ma anche da gestire e valorizzare economicamente. Rappresentano una parte del nostro “capitale naturale” probabilmente non ancora utilizzata al meglio, con ampie possibilità di crescita. Un bel libro come quello prodotto da Symbola è indubbiamente una spinta nella giusta direzione: il volume è scaricabile previa iscrizione al sito della Fondazione Symbola.
Per approfondire:
POTREMMO PUNTARE MOLTO DI PIÙ SULLE BIOENERGIE
In una scorsa edizione delle Pillole abbiamo parlato della “RED III”, la modifica alla Direttiva sulla promozione delle energie rinnovabili, recentemente votata dal Parlamento europeo per allinearla ai nuovi obiettivi del “Green Deal”. Sostanzialmente, attraverso questa modifica, è stato dato il via libera al nuovo traguardo del 45% di fonti rinnovabili sui consumi finali di energia al 2030, rispetto all’attuale 32%. Si tratta di un obiettivo molto ambizioso, che necessariamente deve essere raggiunto attraverso una strategia complessiva di decarbonizzazione dell’economia.
Il Viceministro dell’ambiente e della sicurezza energetica, Vannia Gava, in risposta ad una interrogazione parlamentare su questo argomento, ha dichiarato che per raggiungere questi nuovi e ambiziosi obiettivi è necessario adottare il principio della “neutralità tecnologica” e sfruttare il contributo di tutte le tecnologie rinnovabili disponibili e mature, compresa l’energia da biomassa legnosa, le cui potenzialità produttive sono molto maggiori di quanto attualmente previsto dal Piano Nazionale Integrato per l'Energia e il Clima (PNIEC).
Molto maggiori… bene, ma quanto?
Secondo AIEL - Associazione Italiana Energie Agroforestali, è possibile puntare ad un obiettivo al 2030 di 16,5 Mtep di energia termica da bioenergia rispetto ai 7,4 previsti dall’attuale PNIEC: più del doppio! Rispetto al totale stimato, 10,7 Mtep sarebbero derivanti biomasse legnose di origine agricola e forestale: 3,5 da gestione forestale sostenibile, 5 da potature agricole e dal fuori foresta, 2,2 dall’importazione di biocombustibili legnosi.
È molto interessante notare come l’agricoltura e il fuori foresta potrebbero garantire una quantità di energia termica superiore a quella derivante dalle filiere forestali nazionali. Sono due ambiti di cui ultimamente si parla poco, meno che in passato, ma che invece potrebbero aiutarci molto ad incrementare la produzione di energia da biomasse legnose promuovendo al tempo stesso, nelle foreste, un maggiore utilizzo di legno da opera con approccio a cascata. Se il PNIEC aumenterà la quota delle bioenergie, come auspicato da AIEL, sarà quindi fondamentale cercare maggiori sinergie con questi ambiti, in cui anche il nostro settore può fare la sua parte.
Per approfondire:

ANCORA SU VINCOLI E PAESAGGIO
Nello scorso numero delle Pillole abbiamo accennato alla presenza, nel DDL “Made in Italy” approvato di recente dal Consiglio dei Ministri, di una modifica al Codice dei Beni Culturali e del Paesaggio che permetterebbe di superare la necessità di autorizzazione paesaggistica per i tagli colturali nelle aree a "doppio vincolo".
Come abbiamo già scritto, si tratta di una questione annosa che, da diversi mesi, sta provocando tanti problemi nel settore, causando inutili rallentamenti nella gestione forestale per interventi pienamente in linea con le normative regionali e nazionali e di certo non in contrasto con la normale e ciclica dinamica dei paesaggi forestali.
È di questo parere anche UNCEM, che attraverso la voce del Presidente Marco Bussone ha recentemente chiarito la posizione di Comuni ed Enti montani: “Moltissimi boschi, circa il 35% del totale, oltre al vincolo ex art.142 lettera G, hanno quello della dichiarazione di notevole interesse, in quanto ricadenti nelle aree ex articolo 136 del Codice. Il vincolo, che piace molto alle Soprintendenze, dunque al Ministero della Cultura, tende a mantenere inalterata la situazione esistente, ma non tiene ovviamente conto del grano che cresce e matura e durante l’anno cambia di colore, come non può tenere conto del fatto che molti di questi territori siano stati abbandonati e su prati tutelati siano serenamente cresciuti boschi. In alcuni posti tutela pianta meravigliose, che però sono morte da decine di anni. In altri luoghi, sono tutelati rimboschimenti di specie che ora sono considerate esotiche. L’articolo 149 va modificato. E vi è l’occasione urgente nella conversione del decreto del Made in Italy. Se quei doppi vincoli restano blocchiamo la selvicoltura. E migliaia di imprese forestali che lavorano nei paesi montani con superfici vincolate”.
La pressione verso il Governo e il Parlamento che dovrà discutere il DDL continua quindi a crescere (vi avevamo parlato anche di un'azione del CONAF) perché è ormai evidente che questa situazione non solo sta diventando insostenibile in alcune aree, ma si sta rivelando anche del tutto assurda rispetto al reale oggetto di tutela e alle concrete possibilità delle Sovrintendenze di gestire centinaia di pratiche senza personale formato sull’argomento.
Forse, a questo punto, la tutela del paesaggio non appare nemmeno più come il vero centro della questione. Si tratta ormai, molto più probabilmente, di una questione di “equilibri di potere”, che può essere risolta solo attraverso un accordo politico.
In Parlamento si discuterà proprio di questo: vi terremo ovviamente aggiornati.
Per approfondire:

I GIOVANI… E IL LEGNO MORTO
La curiosità di questa edizione ci ricollega alla prima notizia ed relativa ad uno studio scientifico che è stato recentemente pubblicato sulla rivista “Ecologies” a cura di ricercatori e ricercatrici di Italia e Turchia. La ricerca è stata svolta attraverso 407 questionari (187 compilati in Italia e 220 in Turchia) per indagare la percezione delle giovani generazioni (studenti universitari under 25) sulla presenza di legno morto in foresta. Si tratta di una componente, come sappiamo, essenziale per la conservazione della biodiversità, ma spesso percepita in modo negativo da parte della popolazione, probabilmente per un retaggio culturale del passato che vedeva di buon occhio la cosiddetta “pulizia” dei boschi.
Ma i giovani, invece, come la pensano?
I risultati indicano innanzitutto una cosa non affatto banale: la maggior parte degli studenti (69,7% degli italiani e 48,6% dei turchi) aveva precedenti conoscenze riguardanti il legno morto e il suo ruolo nelle foreste, acquisite attraverso la formazione universitaria e addirittura le piattaforme dei nuovi media. Complessivamente, però, gli studenti turchi hanno dimostrato una maggiore propensione verso la presenza di legno morto nelle foreste rispetto agli studenti italiani, anche se in generale lo studio ha rivelato che la percezione di questa compenente degli ecosistemi forestali è generalmente positiva, con una maggiore preferenza estetica per il legno morto a terra rispetto agli alberi morti in piedi. Inoltre, la maggior parte degli intervistati ha dichiarato di auspicare strategie di gestione forestale prossime alla natura, sottolineando l'importanza di preservare il legno morto come componente integrante degli ecosistemi forestali.
Insomma, la percezione del legno morto sta cambiando, sicuramente in meglio: ottima notizia! Sarebbe interessante però anche capire come è percepita dai giovani la selvicoltura, purtroppo sempre più dimenticata e anche criticata… o forse no?
Se esistono già studi su questo tema di cui siete a conoscenza fatecelo sapere, ne riparleremo!
Per approfondire:
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