Addio al “doppio vincolo” paesaggistico sugli interventi selvicolturali
Approvato l'emendamento che toglie il doppio vincolo ai boschi che ricadono in aree di interesse...
Ciao a tutte e a tutti e benvenuti all'edizione numero 26 di “Pillole forestali dall’Italia”, l’appuntamento quindicinale che vi descrive e commenta 5 tra le principali notizie su foreste e legno in Italia selezionate dalla redazione di Sherwood, sia in forma scritta che come podcast.
Questa rubrica è sponsorizzata da FSC®Italia, PEFC Italia e Accademia Olimpica di Vicenza, che ringraziamo per aver scelto di sostenere il nostro lavoro.
Preferisci ascoltare o leggere?
Ecco la versione PODCAST (la trovi anche su tutte le piattaforme come Spreaker e Spotify):
Qui invece le notizie da LEGGERE:
Questa sarà una puntata delle Pillole decisamente “politica”: ci sono infatti tante notizie, molto fresche tra l’altro, che riguardano scelte strategiche e relative reazioni da parte dei vari attori in gioco e dell’opinione pubblica.
Non possiamo che iniziare dal tema del momento, quello del “doppio vincolo paesaggistico” sugli interventi selvicolturali. Come probabilmente saprete - ne abbiamo dato notizia in anteprima qui su Sherwood - è stata approvata una modifica normativa al Codice dei beni culturali e del paesaggio che porta a considerare gli interventi selvicolturali come “tagli colturali” sia ai sensi dell’articolo 142 (come è stato finora) che anche dell’articolo 136 (i boschi sottoposti a “doppio vincolo”). Pertanto, per eseguire interventi selvicolturali nelle aree a “doppio vincolo” non servirà più alcuna autorizzazione paesaggistica da parte delle Sovrintendenze. Questo, ovviamente, purché gli interventi selvicolturali siano coerenti con tutte le normative vigenti.
Se da un lato questa notizia è stata accolta con sollievo da parte degli addetti ai lavori, che da anni lamentavano un inutile aggravio burocratico che, nei fatti, non comportava una reale tutela paesaggistica, dall’altro si sono levate voci assai critiche da parte di alcuni giornali (Il Fatto Quotidiano), di politici (Angelo Bonelli dei Verdi) e di piccoli gruppi ambientalisti molto agguerriti (ad esempio i GUFI e il Gruppo di intervento giuridico). Interessante la neutralità, almeno per il momento, delle principali associazioni ambientaliste italiane: sui siti di Legambiente e WWF, ad esempio, nessuna notizia commenta la decisione del Parlamento.
A fronte di una scelta che tecnicamente non cambia il livello di tutela dei boschi italiani, che rimangono, come ha sottolineato in un interessante commento Renzo Motta, presidente di SISEF, “tra i più tutelati d’Europa e forse del mondo”, alcuni commenti delle voci contrarie al provvedimento sono risultati davvero sproporzionati. Si è parlato infatti di “golpe contro la natura”, di “addio alla biodiversità”, di “norma oscena”. Si potrebbero scrivere e probabilmente si scriveranno molte riflessioni su questo tema e sulle reazioni a questa notizia, ma ci preme concentrarci su due considerazioni in particolare.
La prima è che la richiesta di autorizzazione paesaggistica per le aree a doppio vincolo è un problema recente, nato a seguito di alcuni casi mediatici e del conseguente pronunciamento della Corte costituzionale che ha messo in luce l’incongruenza tra articolo 142 e 136 del Codice. Quindi, la forma e la struttura di molti dei boschi che oggi osserviamo nel paesaggio, compresi quelli doppiamente vincolati, derivano da normali “tagli colturali” eseguiti nel recente passato, realizzati senza alcuna autorizzazione delle Sovrintendenze. Già questo dovrebbe bastare a far capire l’inconsistenza del problema.
La seconda è la natura stessa dei decreti di vincolo. Invitiamo caldamente gli scettici a leggersi i decreti di tutela, uno ad uno. Spesso vengono poste come oggetto delle aree di “notevole interesse pubblico”, quindi da tutelare, rimboschimenti di conifere (anche esotiche!), boschi da paleria (quindi cedui), castagneti da frutto... ci fermiamo qui, ma l’elenco sarebbe lunghissimo. Si tratta nella maggior parte dei casi di aree boscate derivanti da attività antropiche e strettamente legate a dinamiche socioeconomiche, talvolta anche desuete.
Su una cosa però tutti i decreti che rientrano nell’articolo 136 e che riguardano aree forestali sono concordi: la necessità di permanenza del bosco, che è già garantita dalle normali pratiche di gestione normate dalle leggi e dai regolamenti forestali e, per il 35% circa delle foreste italiane, anche da norme ambientali. Leggendo i decreti con attenzione appare questo il vero tema paesaggistico, la vera volontà del legislatore: la permanenza del bosco laddove c’è bosco.
Il problema semmai si pone per quei coltivi, per quei prati e pascoli diventati oggi bosco, ma tutelati in passato in quanto aree agricole. In quei luoghi le Sovrintendenze dovrebbero obbligare un disboscamento? Certo che no. Il paesaggio non è un quadro, è qualcosa di dinamico, che si adatta alle esigenze e alle sensibilità della società nel rispetto della normativa.
Per questo, soprattutto per questo, non era sensata la richiesta di autorizzazione paesaggistica per le normali pratiche selvicolturali, da parte poi di un soggetto, le Sovrintendenze, senza competenze specifiche in materia.
Non abbiamo bisogno di vincoli vuoti. L’urgenza, per il futuro, è quella di migliorare la gestione forestale sostenibile, di farla tornare al centro di un serio e approfondito dibattito tecnico-scientifico. Su questo, e non su inutili polemiche, occorrerebbe spendere le migliori energie culturali del nostro Paese, comprese quelle di chi è più critico rispetto alle attuali pratiche selvicolturali.
Per approfondire:
Ritorniamo al caso relativo al progetto PNRR sulla rinaturalizzazione del Fiume Po, con cui abbiamo aperto la scorsa edizione delle Pillole. Lo ricorderete, in quella notizia abbiamo presentato il problema (l’incompatibilità, secondo gli estensori del progetto, della pioppicoltura all’interno delle aree oggetto dell’intervento) e le reazioni, a dir poco sorprese e indispettite, del mondo agricolo e di quello industriale.
Ebbene, a pronunciarsi è stato anche il Masaf, attraverso un parere ufficiale dell’Osservatorio nazionale del pioppo, l’organo consultivo del Ministero composto da tecnici e ricercatori esperti di pioppicoltura nonché da rappresentanti delle Regioni e dai principali stakeholders del settore.
Nel documento, che abbiamo potuto consultare, viene espresso un parere negativo in merito alle schede progettuali che prevedono interferenze con la pioppicoltura, come l’eliminazione di pioppeti esistenti prevista da tre interventi (1D, 1E e 1G) del progetto; tali schede, secondo l’Osservatorio: “Dovranno essere sottoposte a revisione”. Per le aree destinate alla pioppicoltura sostenibile, spiega l’Osservatorio: “Potrà essere superata la previsione di esproprio o revoca delle concessioni, avendo riconosciuto per le stesse un uso del suolo compatibile con gli obiettivi del progetto e modalità di gestione sostenibili nel tempo, con una riduzione dei costi di intervento e il mantenimento di una redditività economica, rilevante per i coltivatori e il sistema nazionale”.
Insomma, il parere dell’Osservatorio è molto chiaro, così come quello delle associazioni di categoria agricole e di FederlegnoArredo. Di fronte a questa ulteriore presa di posizione sarà molto difficile che AIPO, l’Agenzia Interregionale per il Fiume Po responsabile del progetto, sceglierà di andare avanti come se nulla fosse.
I tempi stretti di realizzazione dei progetti PNRR impongono una certa fretta, ma ci auguriamo che, nonostante l’urgenza, sia volontà comune quella di aprire un dialogo costruttivo, che può far bene sia agli habitat fluviali, purtroppo spesso compromessi lungo il Grande Fiume, sia ad una delle poche filiere del legno organizzate e produttive presenti in Italia.
Rimaniamo nell’ambito del Masaf per segnalarvi che, da pochi giorni, è stata pubblicata la graduatoria di un bando che ha creato molte aspettative tra chi si occupa di boschi. Si tratta dei “Contratti di Filiera nel settore forestale”, finanziati con 10 milioni di euro nell’ambito del Piano Nazionale Complementare al PNRR. L'obiettivo del bando è favorire l'uso efficiente delle risorse forestali potenziando l'aggregazione e l'associazionismo imprenditoriale, in linea con gli obiettivi della Strategia Forestale Nazionale.
Spulciando la graduatoria si possono osservare alcuni dati interessanti. Innanzitutto, i progetti finanziati saranno 12, per una cifra complessiva di 9 milioni e 598 mila euro. In totale sono pervenuti al Ministero ben 95 progetti, di cui 62 considerati ammissibili e 33 non ammissibili. Considerando la media del finanziamento richiesto dai 12 progetti che saranno finanziati, gli unici per i quali è disponibile la cifra, si parla di circa 800.000 euro a progetto. Ciò significa che, a fronte dei 10 milioni di euro previsti, la richiesta da parte del settore è arrivata a circa 70-80 milioni di euro.
Proprio per questo il Ministro Lollobrigida, sottolineando che la linea di finanziamento ha suscitato un grande interesse da parte del settore, ha annunciato una scelta importante: “Al fine di continuare a sostenere il settore che ha risposto con entusiasmo abbiamo avviato le interlocuzioni con la Commissione europea per investimenti aggiuntivi e auspichiamo che questa esigenza sia tenuta in considerazione nell'ambito della riprogrammazione del PNRR”. È quindi probabile che questa linea sarà rifinanziata a breve, mantenendo intatta la graduatoria. Rimane quindi alta la speranza anche per gli altri progetti ritenuti ammissibili ma esclusi da questa prima tornata.
Oltre alla grande partecipazione, segno di vitalità del settore su questo tema, è interessante il meccanismo che questo bando ha messo in moto. Lo sappiamo, in Italia le filiere forestali non sono molto sviluppate e solide, ma sui territori c’è un’evidente volontà di collaborare, di fare rete. Finanziati o no, ammissibili o meno, la scrittura di questi progetti ha stimolato l’incontro tra soggetti anche vicini che non sempre si parlano: già questo è un grande risultato.
Per approfondire:
La quarta notizia delle Pillole è quasi sempre legata a novità e notizie dal mondo scientifico forestale: in questa occasione parliamo dei risultati di un progetto finanziato dal Masaf e coordinato dal CREA che, tra gli obiettivi, ha avuto anche quello di applicare le tecniche di agricoltura digitale al settore forestale italiano.
Le applicazioni forestali indagate dal progetto, chiamato “Agridigit”, sono state presentate recentemente a Trento, durante un evento organizzato dal CREA Foreste e Legno dal titolo: “Selvicoltura di precisione: concetti teorici e applicazioni pratiche”. Un interessante articolo pubblicato su Agronotizie raccoglie le sei tipologie tecnologiche presentate durante l’evento, che sono in estrema sintesi le seguenti:
Il Direttore del CREA Foreste e Legno, Piermaria Corona, ha spiegato che: “Fino ad oggi le principali applicazioni delle tecnologie digitali alla silvicoltura facevano riferimento a esperienze nordamericane e nordeuropee, spesso non direttamente trasferibili alla realtà italiana. Ora è stato fatto il punto sulle possibili applicazioni dell'agricoltura digitale anche nel settore forestale italiano, per andare sempre di più verso una selvicoltura di precisione”.
Si tratta di una frontiera decisamente interessante che copre praticamente tutti gli ambiti operativi della gestione forestale sostenibile: seguiremo con molta curiosità e attenzione tutti gli sviluppi di queste nuove, interessanti applicazioni.
Per approfondire:
Come curiosità finale di queste Pillole vi suggeriamo la visione di un video, che è uscito da diversi mesi in Francia ma che da qualche settimana è iniziato a rimbalzare anche nelle chat forestali italiane, essendo sottotitolato anche nella nostra lingua.
È un breve filmato di circa due minuti e mezzo, si intitola “Je suis le bois” (Io sono il legno) ed è stato realizzato dal Polo di eccellenza francese del legno, un centro di servizi dedicato a tutta la filiera bosco-legno. Il video ha una particolarità molto interessante: tutti i protagonisti si muovono all’indietro… non vi sveliamo altro, altrimenti vi ruberemmo la sorpresa!
Il nostro invito è quello di osservarlo con senso critico e attenzione, concentrandovi sulla scelta narrativa degli autori e sulle parole pronunciate dallo speaker (tra cui anche “paesaggio”!).
Si può apprezzarne o meno lo stile, ovviamente, e anche il messaggio di fondo, ci mancherebbe! Ma crediamo che questo breve video non vi lascerà indifferenti.
Dopo averlo visto, fatevi queste domande: “ma noi, in Italia, raccontiamo la filiera del legno? Se sì, come?”
Ecco il video:
Vi ricordiamo che sabato 28 ottobre 2023, ad Enego (VI) si terrà un importante convegno nazionale organizzato dall'Accademia Olimpica di Vicenza e intitolato "A cinque anni da Vaia". Il convegno ha l’obiettivo di fornire diversi spunti di approfondimento sulla tempesta, le attività di ripristino e l'infestazione di bostrico.
A questo link tutte le info sull'evento.
Per questa edizione di Pillole forestali dall'Italia è tutto!
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