Sottoprodotti della filiera legno energia: da problema a opportunità

di Eleonora Mariano, Andrea Crocetta, Antonio Brunori
Si riportano alcune considerazioni sulle potenzialità ed opportunità di reimpiego di alcune categorie di “sottoprodotti” di origine forestale, derivanti soprattutto dalle attività portate avanti nell’ambito del progetto ProBEST. I prodotti presi in considerazione derivano in particolare dalla filiera legno-energia e sono cortecce, ramaglie e, in particolare, ceneri.
Da rifiuto a sottoprodotto
Quando uno scarto di produzione può essere gestito come bene e non come rifiuto, si parla di “sottoprodotto”. La possibilità di classificare uno scarto come sottoprodotto comporta sia benefici in termini ambientali e di rispetto dei prìncipi di economia circolare, sia risparmi economici non indifferenti.
Infatti, la possibilità uscire dalla normativa in tema di rifiuti (Decreto Legislativo 3 aprile 2006, n. 152), permette non solo l’abbattimento dei costi derivanti dallo smaltimento ma anche la potenziale creazione di nuove filiere, generando così importanti benefici economici per quelle imprese che producono una notevole quantità di scarto.
I sottoprodotti che si generano avranno una nuova vita attraverso il reimpiego in un’altra filiera produttiva, anche diversa da quella per cui sono stati generati.
Nella filiera legno-energia spesso si utilizza un concetto ampio di “sottoprodotto”, considerando ramaglie, cippato di bassa qualità, cortecce e ceneri.
Tutti materiali poco valorizzati sotto il profilo economico e che in più casi finiscono con l’essere smaltiti come rifiuto (e quindi essere sottoprodotti potenziali propriamente detti) ma che invece, presentano notevoli potenzialità in ambito agricolo o di cura del verde, come alternativa a pacciamanti, fertilizzanti e torbe fossili.
Una varietà di “sottoprodotti” molto ampia e con caratteristiche tecniche ma anche normative molto diverse.
Riferimenti normativi
Affinché sia possibile classificare e definire uno scarto come sottoprodotto, è necessario il rispetto di tutti i requisiti previsti dalla normativa e in particolare dal D.lgs. 152/2006 (Testo Unico Ambientale) e modifiche successive. Attualmente, la definizione è contenuta nell’art. 183, comma 1, lett. qq) che definisce come sottoprodotto “qualsiasi sostanza od oggetto che soddisfa le condizioni di cui all’art. 184-bis, comma 1, o che rispetta i criteri stabiliti in base all'articolo 184-bis, comma 2”.
Per l’articolo 184-bis del TUA è un sottoprodotto, anziché un rifiuto, qualsiasi sostanza od oggetto, frutto di un processo produttivo, che soddisfa tutte le seguenti condizioni:
- la sostanza o l’oggetto è originato da un processo di produzione, di cui costituisce parte integrante, e il cui scopo primario non è la produzione di tale sostanza od oggetto;
- è certo che la sostanza o l’oggetto sarà utilizzato, nel corso dello stesso o di un successivo processo di produzione o di utilizzazione, da parte del produttore o di terzi;
- la sostanza o l’oggetto può essere utilizzato direttamente senza alcun ulteriore trattamento diverso dalla normale pratica industriale;
- l’ulteriore utilizzo è legale, ossia la sostanza o l’oggetto soddisfa, per l’utilizzo specifico, tutti i requisiti pertinenti riguardanti i prodotti e la protezione della salute e dell’ambiente e non porterà a impatti complessivi negativi sull’ambiente o la salute umana.
In caso di mancata verifica anche di una delle condizioni, lo scarto deve essere assoggettato alla disciplina dei rifiuti, pena il rischio di pesanti sanzioni.
I requisiti e le condizioni per escludere un residuo di produzione dal campo di applicazione della normativa rifiuti sono valutati ed accertati alla luce del complesso delle circostanze e devono essere soddisfatti in tutte le fasi della gestione dei residui, dalla produzione all'impiego nello stesso processo o in uno successivo.
Il percorso di identificazione e gestione del rifiuto o sottoprodotto è spesso considerato dagli operatori del settore come non privo di incertezze e di elementi di interpretazione.
La reale possibilità di valorizzazione dello scarto dipende fortemente anche dalla natura stessa dello scarto.
Se per cippato e cortecce di origine forestale si tratta propriamente di co-prodotti, che, salvo casi eccezionali, non intersecano la gestione sui rifiuti, così non è per ceneri, sfalci e potature.
Per quanto riguarda invece la valorizzazione delle ceneri come sottoprodotto, ad oggi questa possibilità è ancora complessa, mancando una norma in campo agronomico che ne consenta l’impiego.
Reimpieghi e alcune valutazioni di mercato
Al fine di suggerire soluzioni e strategie basate sul potenziamento della funzionalità economica ed ecologica della filiera forestale legno-energia e di individuare percorsi di circolarità produttiva, è stato finanziato dalla Misura 16.1 del PSR Piemonte il Gruppo Operativo ProBEST (vedi Box)
Box - GO ProBEST
Il Progetto “BioEconomia Salute Territorio, economia circolare per la filiera legno-energia” (www.goprobest.it) è portato avanti da un Gruppo Operativo composto da: Replant, Acsel spa, impresa forestale Breuza Mattia, Consorzio Forestale Alta Valle Susa, cooperativa La Foresta, Legambiente Piemonte e Valle d’Aosta, PEFC Italia, DIATI-PoliTO (Dipartimento di Ingegneria dell'Ambiente, del Territorio e delle Infrastrutture del Politecnico di Torino), Servizi Verde Valsusa sas, Ducco Center snc e cooperativa Valli Unite del Canavese.
Sono inoltre consulenti o stakeholder di progetto: DISAFA-UniTO (Dipartimento di Scienze Agrarie, Forestali e Alimentari dell’Università di Torino), STIHL spa, NILS spa, Ordine dei Dottori Agronomi e dei Dottori Forestali della provincia di Torino, Comune di Pomaretto (To).
Le prime attività finanziate, hanno permesso di effettuare analisi di mercato e di fattibilità relative a cortecce, ramaglie e ceneri.
Per quanto riguarda l’uso delle cortecce, le casistiche indagate sono quelle di particolare interesse per l’area piemontese (ma comuni a gran parte del territorio nazionale) delle conifere, in particolare larice, e del castagno.
Per le cortecce di larice è emerso un interessante mercato potenziale come pacciamanti, limitato però nelle filiere locali dalle difficoltà produttive legate agli scarsi volumi e alle necessità di trattamento (essiccazione in primo luogo).
Per le cortecce di castagno, rese disponibili in volumi consistenti dai processi di produzione di paleria, tramontato lo storico impiego nell’estrazione dei tannini a favore del solo legno di castagno, si affacciano alcuni impieghi di interesse. Come tali un utilizzo nell’allevamento, in particolare dei caprini, come integrazione alimentare e strame. Mentre, una volta essiccate e private delle eventuali porzioni residuali di xilema, un utilizzo come componente minoritaria di substrati per acidofile (orchidee) miscelata a cippato di legno di conifera.
Per le ramaglie l’impiego di maggior interesse è quello come cippato fresco di ramaglia, utilizzo che ha origine nel Quebec canadese sotto il nome di Bois Raméal Fragmenté (BRF). Si tratta di un cippato verde prodotto a partire da rami di piccole e medie dimensioni, utilizzato in agricoltura per la pacciamatura e l'arricchimento del suolo. Il BRF può essere posato sul terreno (pacciamatura) o mescolato in esso (concime verde); presentando un buon rapporto cambio/legno rispetto al cippato classico, risulta più ricco di nutrienti ed è un efficace promotore della crescita dei funghi nel suolo e della formazione del suolo in generale.
Il gruppo operativo ProBEST sta inoltre conducendo alcune sperimentazioni di compostaggio del cippato di ramaglia, con l’intento di valutare se il compostato abbia le caratteristiche per sostituire/integrare le torbe fossili impiegate nel florovivaismo.
Per quanto riguarda le ceneri da combustione, le caratteristiche e i possibili impieghi del sottoprodotto dipendono dall’uso che se ne vuole fare e dalla quantità di metalli pesanti in esso contenuti, parametro che dipende non solo dalla provenienza del materiale (ad es., le potature in ambito urbano a contatto più diretto con gli scarichi dei veicoli hanno più metalli pesanti rispetto a residui forestali) ma anche dalla tipologia di materiale stesso (nei rami delle foglie si accumulano più metalli pesanti che nel tronco).
Un altro aspetto che influisce sulla quantità di metalli pesanti presenti nella cenere è il processo di combustione.
I test analizzati di ceneri di cippato forestale di qualità (prevalentemente di tronco – classi A1-A2), utilizzato in impianti moderni e correttamente gestiti, sono molto incoraggianti, con contenuti in metalli sostanzialmente trascurabili.
Dalle interviste effettuate è emerso come la valorizzazione delle ceneri da biomassa stia suscitando un interesse crescente sia in Italia sia in altri Paesi dell’Unione Europea, visto che questi residui, che a norma dovrebbero essere condotti in discarica, se opportunamente gestiti possono essere trattati e utilizzati per le esigenze agronomiche. Questo utilizzo è quello che, generalmente, è caratterizzato da più frequenti scambi di prossimità: dalla produzione di cenere a partire da scarti di potatura in ambito agricolo o residui forestali al reimpiego in campo.
L’uso della cenere come fertilizzante, infatti, è una pratica antichissima ma valida ancora oggi, per molti motivi: la cenere è un prodotto in grado di apportare al terreno fosforo, potassio e altri elementi nutritivi e può essere utilizzata anche per difendere le colture da limacce e chiocciole. Altri impieghi che potrebbero essere tecnicamente validi sono: uso in edilizia; additivo per compostaggio in foresta o per la realizzazione di strade forestali.
Conclusioni
Dalle attività portate avanti nell’ambito del progetto ProBEST sono emerse le potenzialità legate al reimpiego di diverse categorie di “sottoprodotti” di origine forestale, sia da un punto di vista ambientale che da un punto di vista economico. Tuttavia, occorre fare alcune riflessioni sulle opportunità di un loro impiego.
In primo luogo, è emersa con forza la necessità di avere chiarezza normativa. È necessario introdurre delle norme che definiscano con maggior chiarezza questi sottoprodotti, che individuino le soluzioni per tracciarne i materiali di partenza, definiscano le caratteristiche chimico-fisiche previste e richieste, ma al tempo stesso non limitino la produzione con iter burocratici difficilmente applicabili dalle imprese, soprattutto se si considera il basso valore aggiunto di questi sottoprodotti.
Dalle interviste effettuate è emerso inoltre come oggi la normativa sia percepita come lacunosa, lasciando troppo spazio alle interpretazioni e offrendo poche certezze alle aziende potenzialmente interessate a valorizzare cortecce, ramaglie e ceneri, anziché trattarli come prodotti a valore aggiunto quasi nullo o come rifiuto.
Un altro ostacolo alla valorizzazione sostenibile di questi “sottoprodotti” è indubbiamente l’incremento dei costi da sostenere per la produzione e la commercializzazione. Per fronteggiare tale problematica, ProBEST sta valutando possibili modelli di centri locali di trasformazione con schemi di commercializzazione territoriali, in modo che i trasporti incidano nella misura minore possibile, si possano controllare al meglio i passaggi produttivi e anche garantire una tracciabilità semplice dei materiali. Le prospettive future possono essere:
- favorire ed incentivare la creazione di piccoli centri di trasformazione locali con reti di distribuzione locale;
- incentivare le aziende a conferire localmente i propri residui vegetali;
- favorire l’impiego dei prodotti derivati sempre a livello locale offrendo agevolazioni fiscali o vantaggi competitivi in sede di committenze di lavori pubblici;
- redigere modelli contrattualistici tra produttori e trasformatori locali e favorirne l’adozione, possibilmente prevedendo contratti a lungo termine.
Infine, per le matrici che possano provenire anche dal di fuori della filiera forestale (in primis sfalci e potature), lo scenario di maggior interesse è quello di favorire reti efficienti di raccolta dei sottoprodotti. Questa azione non potrà prescindere da un’attività di formazione e informazione continua della popolazione e delle imprese, affinché si raggiunga la massima efficienza nella raccolta differenziata dei rifiuti e si possano utilizzare senza problemi anche quelli provenienti dalle aree urbane, con l’obiettivo di certificarne provenienza e qualità. Gli effetti di una rete di trasformazione degli scarti organici più strutturata si tradurrebbero anche in una riduzione delle aree adibite allo smaltimento, a tutto vantaggio delle future generazioni.
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