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Costruiamo prove per difenderci: “prevenire è meglio che curare”

Costruiamo prove per difenderci: “prevenire è meglio che curare”

a cura di Alessandro Franco

L’articolo Documento di Valutazione dei Rischi (DVR) e impresa forestale: conoscere per difendersi è terminato con la raccomandazione che in tutti i documenti relativi alla sicurezza sul lavoro, dal DVR ad una procedura scritta, ad un verbale di informazione e formazione, sia essenziale prima spiegare cosa facciamo, poi perché lo facciamo/dobbiamo farlo così ed infine illustrare il contenuto specifico.

Non dare nulla per scontato

Uno dei problemi tipici dell’impresa forestale, se di ridotte dimensioni, è che l’importantissima figura dell’RSPP (Responsabile del servizio di prevenzione e protezione) coincide abitualmente con il datore di lavoro. Datore di lavoro che, pur avendo certamente sostenuto un’adeguata formazione per ricoprire tale ruolo di responsabile, è solitamente più esperto con argani e motoseghe che con il computer ed i tribunali: tanta esperienza concreta, spesso di generazioni, se da un lato è certamente utile per la “vera” sicurezza, è invece sul lato giuridico quasi un problema.
Se l’impresario è esperto e lavora con una squadra di dipendenti specializzati altrettanto esperti, tenderà naturalmente a non seguire lo schema logico sopra evidenziato: in perfetta buona fede, perché lo constata ogni giorno, che i suoi boscaioli sono esattamente a conoscenza delle corrette procedure di lavoro per l’uso dell’argano forestale; perché ci hanno ragionato assieme mille volte seduti sui tronchi nelle pause, ed hanno chiarissimi i rischi specifici di un cantiere come quelli di Vaia.
Se però un domani si dovesse verificare un infortunio con un argano o in un cantiere Vaia, l’accusa partirà chiedendo prove (documenti firmati) che dimostrino il fatto che il datore di lavoro, o l’RSPP, abbiano effettivamente informato e formato i dipendenti su tali contesti, e possibilmente abbiano prodotto, consegnato ed illustrato specifiche procedure a riguardo, ma l’avvocato non avrà nulla da consegnare. E il datore di lavoro che è anche l’RSPP, dal momento che sarà l’indagato, non potrà testimoniare a suo favore.
Purtroppo, normalmente ci si rende conto di questi enormi problemi quando è troppo tardi, soltanto dopo che un grave fatto è accaduto, e dei professionisti della ASL o della Procura iniziano a “vivisezionare” l’azienda per cercare prove.

Che cosa fare

Chiaramente, i soldi spesi in consulenza per farsi assistere nella redazione di una serie di documenti da professionisti esperti ed i corsi di formazione specialistici sono un vero ed importante investimento. Chiarito questo, la risposta è semplice: l’impresario deve chiedersi che cosa servirebbe un domani, magari fra tre anni, per dimostrare a qualcuno che non era presente che i singoli fatti sono effettivamente accaduti, ed agire di conseguenza.
Le parole chiave sono: verbali firmati, PEC, e-mail, SMS, fotografie e tutto quello che può dare un domani evidenza di attività informative, formative e di coordinamento effettuate. Un’ottima idea, dal momento che non tutti hanno chiaro che sul crinale di una montagna non sempre ci sono disponibili computer, stampanti e reti Wi-Fi, è quella di istituire formalmente (con una comunicazione a tutti i lavoratori firmata per ricevuta) un appuntamento mensile per la sicurezza, ad esempio a fine turno dell’ultimo venerdì del mese, e di documentare ogni singolo incontro con un semplicissimo verbale su cui siano evidenziati gli argomenti trattati, le discussioni effettuate e naturalmente i presenti che confermano firmando. Attenzione, non è necessario scrivere romanzi, è sufficiente che sia chiaramente spiegato che cosa si è fatto non usando frasi generiche del tipo “si è tenuto un incontro sulla sicurezza”, ma indicando i singoli contenuti specifici come “oggi si è studiato assieme il contenuto del manuale di uso e manutenzione delle motoseghe assegnate a ciascun boscaiolo”; “oggi il datore di lavoro ha illustrato le tecniche di esbosco utilizzate, con specifico approfondimento dei rischi e delle modalità di lavoro sicure”, e via di questo passo.
Più di qualche lettore a questo punto starà scuotendo la testa domandandosi così: “metto in ufficio i miei boscaioli specializzati con vent’anni di esperienza e migliaia di piante ciascuno, gli do in mano i manuali delle loro motoseghe e ce li leggiamo assieme? Quelli si offendono, e probabilmente almeno tre o quattro me lo tirano addosso!”. A parte l’ovvia considerazione che se succedesse questo potrebbe essere un’ottima scusa per aggiungere al verbale l’argomento “utilizzo del casco protettivo con visiera”, torniamo al punto di partenza: l’impresario sa benissimo che i suoi operatori sono perfettamente esperti, ma i giudici no ed è a loro che occorre dimostrarlo. Inoltre, c’è sempre da imparare, o almeno da ragionare assieme, quando si parla di sicurezza sul lavoro e nessuna ripetizione è inutile.

Conclusioni

Già una serie di verbali mensili del genere può essere un aiuto straordinario se un domani dovessimo difenderci. Se a ciò riuscissimo ad aggiungere altre attività che in concreto vengono sempre fatte, ma che non ci poniamo mai il problema di dimostrare documentalmente (come i briefing in cantiere durante le varie fasi di lavoro dove due foto con il cellulare in bosco ed un verbalino fatto poi in ufficio sarebbero un’ottima idea), la difendibilità cambierebbe radicalmente.

Autori:
Alessandro Franco
, Avvocato esperto in sicurezza sul lavoro

in collaborazione con
conaibo logoCONAIBO

www.conaibo.com
www.facebook.com/conaibo

 

Questa articolo è tratto dal numero 149 di Tecniko & Pratiko- Attrezzature e servizi per chi lavora con gli alberi: se vuoi ricevere a casa la tua copia cartacea e non perderti l’anteprima su questo e altri contenuti esclusivi, visita la sezione dedicata agli abbonamenti cliccando qui. Abbonandoti contribuirai a sostenere tutto il lavoro della redazione di Sherwood”.

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