Pillole forestali dall’Italia #22 - Scelte di governance e altre notizie di luglio

Ciao a tutte e a tutti e benvenuti all'edizione numero 22 di “Pillole forestali dall’Italia”, l’appuntamento quindicinale che vi descrive e commenta 5 tra le principali notizie su foreste e legno in Italia selezionate dalla redazione di Sherwood, sia in forma scritta che come podcast.
Questa rubrica è sponsorizzata da FSC®Italia e PEFC Italia, che ringraziamo per aver scelto di sostenere il nostro lavoro.
Preferisci ascoltare o leggere?
Ecco la versione PODCAST (la trovi anche su tutte le piattaforme come Spreaker e Spotify):
Qui invece le notizie da LEGGERE:
INVESTIRE SULLE AREE RURALI PREVIENE GLI INCENDI
Siamo nel mezzo di luglio, durante un’ondata di calore: non possiamo che iniziare questa edizione delle Pillole parlando del tema incendi, estremamente sentito per un Paese come l’Italia, molto vulnerabile agli effetti della crisi climatica ed esposto a questo rischio anche a causa dell’abbandono di vasti territori rurali.
Lo facciamo però con una buona notizia, che arriva da uno studio scientifico da poco pubblicato sulla rivista “Science of The Total Environment”, coordinato dal Dipartimento DISAFA dell’Università di Torino e a firma di numerosi ricercatori di vari Istituti di ricerca e Università del nostro Paese.
Lo studio riguarda l’effetto delle politiche attive per la gestione delle aree agro-pastorali, forestali e protette sulla mitigazione del rischio incendi e potrebbe avere, secondo Giorgio Vacchiano (uno dei co-autori del lavoro, che lo ha presentato sul proprio profilo Facebook): “Importanti implicazioni per la gestione degli incendi in Italia”. Vediamo perché.
A scala nazionale e attraverso modelli e analisi spaziali è stato valutato l'effetto dei principali driver degli incendi: clima, condizioni meteorologiche, infiammabilità, descrittori socio-economici, cambiamenti nell'uso del suolo e, appunto, politiche di governance del territorio, misurate ad esempio analizzando i fondi europei per lo sviluppo rurale, gli investimenti nella gestione sostenibile delle foreste e le attività agro-silvo-pastorali.
I risultati dello studio hanno mostrato chiaramente che una governance attiva del territorio, con maggiori investimenti su gestione agro-silvo-pastorale e pianificazione, è direttamente associata a una riduzione degli impatti degli incendi. Durante il periodo compreso tra il 2007 e il 2017, quello analizzato dallo studio, i territori con una governance più attiva hanno infatti registrato minori perdite di copertura forestale e anche una minore estensione degli incendi di interfaccia tra aree urbane e rurali.
Di conseguenza, la creazione di paesaggi più resistenti e resilienti agli incendi attraverso politiche integrate che promuovono l'agroforestazione, lo sviluppo rurale, la pianificazione, la selvicoltura ma anche la conservazione attiva della natura, permettono di garantire una migliore gestione degli incendi anche nel drammatico contesto della crisi climatica in atto.
Ancora una volta è dimostrato - questa volta anche con dati e analisi scientifiche - come il presidio dei territori sia una delle chiavi vincenti per incrementare la resilienza. Investire di più sui territori rurali e farlo attraverso buone pratiche e modelli gestionali innovativi è la strada per creare un futuro in cui gli incendi potranno avere un minore impatto sulle foreste, sui servizi ecosistemici e sulla nostra società.
Per approfondire:
UN DOCUMENTO DI INDIRIZZO SU FORESTE E RETE NATURA 2000
Proseguiamo con un documento strategico uscito in questi giorni e dedicato anch'esso alla governance delle aree forestali.
Si tratta di un documento di indirizzo, realizzato dai partner del progetto Life GoProFor, rivolto alle istituzioni pubbliche nazionali e regionali deputate alla gestione delle foreste, in particolare di quelle poste all’interno della Rete Natura 2000 e delle aree protette in genere.
Gli obiettivi del documento sono sostanzialmente 3:
- migliorare, a livello nazionale, la cooperazione tra i gestori delle foreste nella RN2000;
- promuovere la diffusione e il trasferimento di buone pratiche per la gestione forestale e la conservazione della biodiversità (l’obiettivo cardine del progetto GoProFor);
- fornire informazioni utili riguardo alle tipologie di pratiche da incentivare ai decisori dei programmi di investimento sulle foreste.
Nel documento si legge che: “Le misure di conservazione vigenti relative agli habitat forestali nelle ZSC sono troppo generiche, con interventi non sufficientemente definiti e spesso non correlate agli obiettivi di conservazione”. Ecco allora la necessità, all’interno del testo, di suggerire l’implementazione di buone pratiche di interesse forestale derivate dall’esperienza trentennale del Programma LIFE, quelle selezionate da GoProFor e raccolte in un database. Nel documento viene anche proposto l’Indice di Biodiversità Potenziale (IBP) come utile strumento a supporto della pianificazione forestale e sono raccolti esempi di modelli selvicolturali efficaci. È infine lanciata un'importante proposta, quella di creare figure professionali esperte e adeguatamente formate per portare le buone pratiche e le metodologie descritte all'interno della gestione forestale ordinaria.
Se vogliamo trovare un filo conduttore tra questa e la precedente notizia, entrambe legate alla governance, alle scelte politiche per i territori rurali, crediamo che la parola chiave sia semplicemente “gestione attiva”. Nel primo caso si tratta di mitigazione del rischio incendi, in questo di conservazione della biodiversità, ma da entrambie le notizie emerge la necessità di agire maggiormente sui territori, di farlo con concretezza, dando nuova centralità alle aree troppo spesso considerate "marginali" dal nostro Paese.
Per approfondire:
GRANDI CARNIVORI IN TRENTINO
Parliamo raramente di fauna selvatica, ma anche questo è un tema centrale, che si interseca direttamente con la gestione e la governance delle foreste. L’occasione di parlarne in questa edizione delle Pillole viene dalla Provincia Autonoma di Trento, che ha presentato il “Rapporto grandi carnivori”, un report che fotografa e analizza la situazione a fine 2022 per quanto riguarda orsi, lupi e le più rare linci e sciacalli dorati. Un report molto delicato politicamente, a seguito della tragica morte del runner Andrea Papi a causa dell'aggressione da parte di un’orsa e delle successive polemiche che ne sono seguite.
Per quanto riguarda i dati sulla consistenza delle popolazioni spicca in effetti quello relativo all’orso: il report parla di quattordici cucciolate, per un totale di circa venticinque nuovi nati nel 2022, che portano il numero degli esemplari presenti in Trentino a superare certamente le cento unità. Anche i lupi sono in aumento: nel report si parla di 29 branchi, con 3 nuove coppie rispetto allo scorso anno. L’assessore provinciale alle foreste, Giulia Zanotelli, non ha esitato a commentare questi dati sostenendo che: “I numeri dimostrano la necessità di proseguire con l'obiettivo di contenere la popolazione di orsi in Trentino, affinché questa presenza sia resa maggiormente compatibile con le attività antropiche”.
Come sapete il tema è caldissimo ed estremamente polarizzato. Si tratta di un dibattito che sarà molto interessante da seguire perché non riguarda, in realtà, solo gli orsi e il Trentino, ma la gestione della fauna selvatica in genere. Siamo in un momento storico dove, da un lato, i conflitti tra fauna selvatica e attività antropiche sono evidenti (il report trentino parla di 440 danni da grandi carnivori nel 2022), ma al tempo stesso, dall’altro, le posizioni ideologiche, da entrambi i lati della “barricata”, sembrano più forti delle soluzioni tecnico-scientifiche.
Vi invitiamo a sfogliare il rapporto proprio per questo motivo, anche se non siete trentini: le soluzioni tecniche ci sono e vengono presentate nel dettaglio. Dalla pubblicazione emerge una complessità molto interessante, che troppo spesso non trova spazio sui giornali e in TV.
Per approfondire:

L’EUDR È ENTRATO IN VIGORE
Vi segnaliamo che dal 29 giugno scorso è entrato in vigore il regolamento europeo EUDR, definito “pionieristico” da molti osservatori e volto a promuovere catene di approvvigionamento a “deforestazione zero”.
La nuova norma europea vieta l’immissione nel mercato comunitario e l’esportazione dall’UE di prodotti che hanno causato deforestazione o degrado forestale dopo il 31 dicembre 2020, oppure che risultano illegali in quanto non conformi alla legislazione vigente nei Paesi di produzione delle materie prime di cui sono composti. Il regolamento riguarda sette materie prime oltre a gran parte dei prodotti da esse derivati: bovini, cacao, caffè, palma da olio, gomma, soia e ovviamente legno.
Con l’entrata in vigore dell’EUDR è abrogata la EUTR (la Timber Regulation) e dal 29 giugno gli operatori e i commercianti dispongono di 18 mesi per prepararsi e conformarsi alla nuova norma.
Vi lasciamo il link al regolamento e 3 link per approfondire questa norma così innovativa e interessante: un articolo pubblicato su Rivistasherwood.it, una riflessione pubblicata sul sito di Etifor e il canale Youtube di Conlegno, dove si trovano diversi video di approfondimento molto esplicativi.
Per approfondire:

CUSTODI DEL BOSCO
Come curiosità finale di queste Pillole ci concediamo una riflessione linguistico-forestale.
La Fondazione Minoprio ha infatti lanciato un nuovo corso di formazione, che partirà in autunno, il cui nome sta facendo un po’ discutere nelle chat tra addetti ai lavori. Il corso, da 420 ore totali, che comprende la certificazione di Operatore Forestale e di Tree Climber, si chiamerà: “Il custode del bosco”.
Sul sito della Fondazione si legge che questo percorso formativo: “Rivisita in chiave moderna la figura del boscaiolo, arricchendola con competenze forestali nuove”. Analizzando la scheda del corso si notano in effetti, con piacere, materie come botanica, selvicoltura, patologia e vivaismo, che non sono normalmente approfondite nei normali corsi per operatori.
Tuttavia, se un lato questo nome mostra l’attività degli operatori forestali in una chiave positiva - ed è un bene - dall’altro rischia di generare qualche equivoco.
“Custodire il bosco” significa anche utilizzarlo per generare beni e servizi? Anche quando il bosco, di sua natura, proseguirebbe tranquillamente la sua vita e il suo sviluppo? Si "custodisce il bosco" usando la motosega?
In molti potrebbero obiettare e avrebbero argomenti: il dizionario ci dice che custodire significa “fare oggetto di responsabile vigilanza”, “conservare con cura”, ma anche, in effetti, “preservare dai pericoli” (tornando alla prima notizia).
Forse un nome più adatto, per andare oltre alla "vecchia" definizione di boscaiolo e a quella troppo "fredda" di Operatore forestale professionale, potrebbe essere semplicemente "Selvicoltore", come già in Svizzera vengono chiamati gli operatori forestali ben formati...
Non sappiamo se l’utilizzo del termine "Custode del bosco" sia stata una scelta di marketing, la volontà di lanciare un messaggio positivo o entrambe le cose. Di certo chiamare gli operatori forestali “custodi” non fa male a nessuno, anzi! Vi invitiamo però a riflettere sul significato profondo del termine utilizzato: gli operatori forestali custodiscono, senza ombra di dubbio, un territorio coltivato, un paesaggio colturale, il “bosco che vogliamo noi”, quello gestito da secoli, multifunzionale, accessibile: in questa accezione il nome del corso rispecchia pianamente la realtà.
Di conseguenza, al di là dei singoli termini e di questioni di "lana caprina", è questo il concetto che dovrebbe essere sempre comunicato in modo chiaro, soprattutto all'esterno del nostro settore, per evitare spiacevoli incomprensioni: i boscaioli moderni sono custodi, sì, ma non tanto del bosco, quanto di una relazione profonda ed essenziale, quella tra noi e le foreste.
Per approfondire:
Un'ultima segnalazione rispetto alla scorsa edizione delle Pillole, in cui abbiamo trattato di Boschi vetusti.
Ci ha scritto il Prof. Selvi, botanico dell'Università di Firenze, per segnalarci un'informazione incompleta nella notizia. Riportiamo qui sotto il testo della sua mail, ringraziandolo per la segnalazione.
Per completezza vi segnalo che fra i criteri sulla definizione di "Bosco vetusto" ce n'è uno estremamente importante che non è stato menzionato, ossia la "presenza di specie autoctone coerenti con il contesto biogeografico" e "una biodiversità caratteristica conseguente all'assenza di disturbo dal almeno sessanta anni". I boschi vetusti, in ultima analisi, servono proprio per conservare questa biodiversità (vegetale, animale, micologica e lichenica) che spesso in boschi gestiti non trova habitat idoneo. Il criterio della coerenza biogeografica e della biodiversità caratteristica è di importanza primaria per l'identificazione dei boschi vetusti.
PS - Questa edizione delle Pillole esce il 12 luglio, il giorno del Santo Patrono dei forestali, San Giovanni Gualberto: auguri a tutti coloro che lavorano con e per le foreste!
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