Ambientalismo a due velocità
- dallo spazio "Il punto di domanda" di Sherwood n. 263 -
di Luigi Torreggiani
Anche quest’anno, durante la stagione silvana, sono riapparse con grande clamore mediatico diverse proteste di comitati, gruppi e associazioni contrari alle utilizzazioni forestali, in particolare al governo a ceduo, divenuto ormai, per alcuni, un vero e proprio capro espiatorio.
Tutti i cedui sono fatti a “regola d’arte” e queste proteste sono totalmente fuori luogo? No, sia chiaro, non è questo il punto. Come in ogni attività umana esistono tecniche applicate male, pratiche volutamente svolte “sul filo del regolamento” e anche, purtroppo, illeciti e abusi. Tutti aspetti sui quali la vigilanza, il senso critico e le azioni di protesta dei gruppi ambientalisti potrebbero contribuire nello sviluppare un serio dibattito costruttivo.
Ciò che vogliamo mettere in luce non è tanto l’infondatezza delle proteste, quanto il reale obiettivo di tali contestazioni e, in particolare, la differenza d’approccio a diverse scale: da quella locale a quella nazionale.
L’obiettivo, molto spesso, non va molto oltre alla richiesta di sospendere i cantieri forestali, anche se sono regolarmente autorizzati. Non si nota un tentativo di mediazione, un approfondimento che porta a richieste migliorative dal punto di vista selvicolturale, uno slancio propositivo che tenga conto degli aspetti ambientali, sì, ma anche di quelli economici e sociali.
Occorre però sottolineare che molte proteste partono dal basso, da cittadini legittimamente preoccupati che il più delle volte non conoscono, nel merito, le pratiche selvicolturali. Tali gruppi locali fanno però spesso riferimento ad associazioni ben più strutturate a livello nazionale, che hanno al loro interno esperti di temi forestali e una rete di contatti tecnico-scientifici che potrebbero suggerire un diverso modo di procedere. Troppo sovente ciò non accade e questo genera un evidente paradosso: mentre a livello nazionale si lavora per promuovere le varie forme di buona gestione forestale, governo ceduo compreso, sui territori i gruppi locali sono lasciati liberi di denigrare a mezzo stampa e sui social network questa forma di governo. I gruppi locali ci sembrano insomma lasciati a sé stessi, liberi di agire come credono, senza una moderazione da parte di esperti nazionali dello stesso sodalizio capaci di riportare istanze legittime nei binari di un confronto costruttivo.
Perché accade tutto questo? Si tratta di una difficoltà di dialogo interna ai movimenti ambientalisti oppure queste proteste sguaiate servono a mantenere precisi posizionamenti politici?
Non sarebbe più utile per tutti iniziare una nuova stagione, improntata sul dialogo?
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