Pianificazione: un nuovo decreto ha fissato gli standard tecnici per gli elaborati cartografici
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di Luigi Torreggiani e Andrea Barzagli
Il periodo di “fermento normativo” nel settore forestale italiano prosegue senza sosta, continuando ad interessare temi fondamentali per il raggiungimento degli obiettivi della Strategia Forestale Nazionale.
Uno degli ambiti su cui la Direzione Nazionale Economia Montana e Foreste del Masaf sta puntando con più forza è senza dubbio quello della pianificazione forestale, rispetto al quale è stato pubblicato, da pochi giorni, un altro decreto fondamentale, molto tecnico ma decisamente interessante.
Il nuovo decreto contiene infatti l’elenco delle informazioni e dei formati dei dati alfanumerici e geografici necessari per la predisposizione degli elaborati cartografici tecnico-scientifici necessari per la redazione dei Piani Forestali di Indirizzo Territoriale (PFIT), dei Piani di Gestione Forestale (PGF) e degli strumenti equivalenti ai PGF.
Per comprendere meglio questo nuovo decreto e contestualizzarlo nell’impianto normativo forestale occorre fare un passo indietro, fino all’ottobre del 2021, quando è uscito un decreto interministeriale (28 ottobre 2021 n. 563765), redatto ai sensi del Testo Unico in materia di Foreste e Filiere forestali (TUFF - D.lgs 34/2018) che ha normato i criteri minimi nazionali di elaborazione dei PFIT, dei PGF e degli strumenti equivalenti ai PGF. Si è trattato di uno dei decreti attuativi più attesi e importanti legati al TUFF, come abbiamo raccontato in un articolo su questo stesso sito, che tuttavia, a sua volta, necessitava di un ulteriore passaggio normativo.
L’articolo 6, comma 2, del sopracitato decreto interministeriale ha infatti disposto che, con atto successivo, fosse definito: “l'elenco e i formati dei dati alfanumerici e geografici necessari per creare la banca dati nazionale di archiviazione informatica, ivi compresa la struttura dati per un'eventuale registrazione degli interventi selvicolturali realizzati in attuazione di piani e degli eventi occorsi, nonché le modalità con cui riportare i metadati”.
Il nuovo decreto dipartimentale (n. 64807 del 9 febbraio 2023) è quindi una specifica tecnica di uno dei decreti attuativi previsti dal TUFF, quello sulla pianificazione. Il suo valore è però altissimo, perché porta le indicazioni generali presenti nel Testo Unico (il rilancio della pianificazione e la sua strutturazione a più livelli) e le prescrizioni specifiche del decreto sulla pianificazione (armonizzare la pianificazione forestale con il complesso sistema di pianificazione territoriale) ad una scala operativa.
Per dirla in poche parole, questo decreto stabilisce come strutturare l’ossatura di PFIT, PGF e strumenti equivalenti ai PGF, ovvero i loro elaborati cartografici fondamentali, per rendere così questi piani il più possibile omogenei a livello nazionale e internazionale.
Ad esempio, per quanto riguarda i PFIT (che, ricordiamo, sono un’importante innovazione rilanciata dal Testo Unico), il decreto del 2021 ha stabilito che gli strati informativi tecnico-scientifici a corredo di tali strumenti di pianificazione di area vasta debbano essere costituiti da almeno sette diverse carte:
- carta di destinazione di uso del suolo;
- carta dei vincoli;
- carta delle proprietà forestali e silvo-pastorali pubbliche e collettive e degli usi civici;
- carta delle aree boschive colturalmente omogenee;
- carta degli interventi strutturali e infrastrutturali;
- carta degli eventuali boschi vetusti e alberi monumentali e dei boschi da seme;
- carta dei boschi di protezione diretta.
Per ciascuna di esse, il nuovo decreto definisce che gli strati informativi debbano essere realizzati nel rispetto della direttiva europea INSPIRE (Infrastructure for Spatial Information in Europe - 2007/2/EC), dando indicazioni anche sul sistema di riferimento, sulle coordinate geografiche da utilizzare e sul formato dei file vettoriali. Il decreto indica quindi, per ciascuna delle carte, la struttura che devono avere i metadati e il formato in cui i dati devono essere inseriti.
Inutile in questa sede scendere ad un dettaglio maggiore: per chi fosse interessato ad approfondire, la cosa migliore da fare è leggere, carta per carta, le indicazioni e le tabelle presenti nel decreto che, come già ricordato, è molto tecnico e operativo. Abbiamo pensato però che, data l’importanza di questa nuova norma, fosse interessante approfondirne la genesi e i contenuti principali con uno degli esperti che ha lavorato alla sua definizione, il Prof. Piermaria Corona, Direttore del CREA Foreste e Legno.
Seguono quindi le quattro domande che abbiamo posto al Prof. Corona, che ringraziamo, con le sue relative risposte.
Il decreto dipartimentale n. 64807 del 9 febbraio 2023 è una norma estremamente tecnica, rivolta nello specifico a chi sarà chiamato a redigere i PFIT, PGF e strumenti equivalenti ai PGF. Tuttavia, tra le righe di questo decreto, è possibile leggere una visione strategica molto più ampia rispetto al ruolo e al futuro della pianificazione forestale nel nostro Paese. Ci può delineare i punti fondamentali di tale visione?
Nel rispetto dei ruoli e delle competenze istituzionali, il Testo Unico dispone un’armonizzazione a scala nazionale degli strumenti di pianificazione forestale (PFIT, PGF, strumenti equivalenti ai PGF) gestiti dalle Regioni e Province Autonome, anche al fine di poterne raccogliere i principali dati nel costituendo Sistema Informativo Forestale Nazionale. Sia il TUFF sia il decreto interministeriale n. 563765, sia il decreto dipartimentale n. 64807, sono quindi il risultato condiviso di una ampia e lunga concertazione e impostano una visione univoca a livello nazionale di questi strumenti, da un punto di vista terminologico e sotto il profilo dei contenuti tecnici, secondo la logica dei criteri minimi nazionali (integrabili in relazione alle specificità di ciascuna realtà amministrativa locale). Il processo di adeguamento richiederà verosimilmente un impegno non trascurabile da parte di Regioni e Province autonome. Peraltro, questo processo rappresenta un investimento significativo, in termini sia di crescita condivisa sia di efficacia nei confronti dei molteplici portatori di interesse che potranno finalmente confrontarsi con un sistema sufficientemente uniformato tra le diverse realtà territoriali, nonché con la potenziale disponibilità di informazioni sulla gestione forestale armonizzate a scala nazionale.
Il nuovo decreto inserisce gli elaborati cartografici della pianificazione forestale nella cornice europea della direttiva INSPIRE (Infrastructure for Spatial Information in Europe), che mira a realizzare un’unica infrastruttura europea di dati territoriali. Di cosa si tratta e perché è importante questo passaggio?
Lo scopo della Direttiva INSPIRE, emanata nel 2007 dal Parlamento e dal Consiglio Europeo e recepita in Italia nel 2010 a supporto delle politiche che possono avere un impatto diretto o indiretto sul territorio e sull’ambiente, è di garantire che le infrastrutture dei dati geospaziali degli stati membri siano compatibili e utilizzabili in un contesto pan-europeo, in modo da superare i problemi riguardo alla disponibilità, qualità, organizzazione e accessibilità dei dati. Operativamente questo passaggio è importante perché intende agevolare la ricerca, in particolare attraverso il web, e l’impiego dei dati geospaziali: la piena applicazione della Direttiva consentirebbe di trovare agevolmente i dati territoriali di interesse, valutarne l’idoneità allo scopo di interesse e ottenere informazioni sulle loro condizioni di utilizzo. A tale scopo la Direttiva mira a definire norme generali e regole tecniche per la realizzazione di un’infrastruttura di dimensione europea per la gestione dell’informazione territoriale, dove un dato territoriale, una volta precisamente caratterizzato dalle sue entità e attributi, può essere condiviso e utilizzato anche per scopi diversi da quello per cui è stato originariamente prodotto.
In questi mesi il Centro di Ricerca da Lei diretto (CREA Foreste e Legno) è impegnato nella realizzazione della nuova Carta forestale d’Italia, elaborata anche a partire da cartografie già esistenti nelle diverse Regioni e Province Autonome. A proposto della necessità di armonizzare i dati cartografici, che situazione state trovando analizzando i dati ad oggi disponibili sul territorio nazionale?
In Italia è finora mancato un progetto di mappatura forestale a scala di dettaglio coordinato a livello nazionale e le singole Regioni e Province Autonome hanno realizzato carte forestali seguendo specifiche esigenze e normative locali. Secondo l’analisi recentemente condotta dal CREA Foreste e Legno, in collaborazione con DAGRI dell’Università di Firenze, tutte le Regioni e Province Autonome, tranne un caso, hanno una propria carta forestale realizzata negli ultimi due decenni. La scala delle realizzazioni varia tra 1:5.000 (un caso), 1:10.000 (undici casi) e 1:25.000 (restanti casi). L’unità minima cartografabile varia tra 0,2 e 0,5 ettari. Le Regioni e Province Autonome che adottano la definizione di bosco prevista all’art. 3 del TUFF sono sedici. La Carta forestale d’Italia sarà realizzata a una scala nominale di 1:10.000 e riporterà i poligoni a bosco sia secondo la definizione di cui all’art. 3 del TUFF, sia secondo quella regionale/provinciale (ove diversa da quella nazionale) per il territorio di competenza, sia quella dell’inventario forestale nazionale (che è quella adottata da FAO e altre organizzazioni internazionali per il reporting su scala continentale/globale). Per ciascun poligono a bosco, la Carta forestale d’Italia riporterà anche la classificazione del tipo forestale secondo lo schema tipologico proposto da ciascuna carta forestale regionale per il territorio di competenza (quasi tutte le carte forestali regionali includono anche la mappatura dei tipi forestali), nonché secondo alcuni sistemi nomenclaturali internazionali (a esempio, gli European Forest Types dell’European Enviromental Agency).
Il nuovo decreto norma nel dettaglio la struttura delle carte previste per la pianificazione forestale, ma non entra nel merito del destino futuro di tali cartografie a livello di accessibilità pubblica. Auspica che tali elaborati possano essere resi completamente liberi e accessibili a tutti i potenziali interessati? Se sì, perché sarebbe importante?
La qualità, la produzione, l’aggiornamento e lo scambio del dato geografico, con tutto ciò che questo comporta, rappresentano un paradigma imprescindibile della conoscenza, pianificazione e gestione del territorio. Per quanto riguarda lo scambio del dato geografico le parole chiave, in particolare anche nel settore forestale, sono disponibilità, fruibilità e interoperabilità: in questa prospettiva è auspicabile che, con le opportune modalità, il livello di accessibilità dei contenuti delle infrastrutture pubbliche di dati geospaziali sia il più alto possibile, cioè senza l’espressa adozione di una licenza (ove possibile) e rilasciati come dati di tipo open. A livello nazionale, la legge 221/2012 ha introdotto una serie coordinata di prescrizioni atte a favorire la produzione di open data da parte delle pubbliche amministrazioni, definendo specifici adempimenti sia per le singole amministrazioni, sia per l’Agenzia per l’Italia Digitale. Peraltro, in molti casi è ancora evidente la necessità di una maggiore sensibilizzazione relativa al cambiamento paradigmatico nella gestione dei dati geospaziali delle amministrazioni pubbliche, da strumenti impiegati semplicemente per produrre e visualizzare mappe a soluzioni che permettano di poter creare servizi basati sul loro riuso, anche da parte di privati. Un semplice, quasi scontato, esempio: tutte le cartografie realizzate nell’ambito di un PFIT dovrebbero poter essere liberamente riutilizzate per la creazione di cartografie a supporto non solamente delle attività forestali (in primis, la redazione dei PGF) ma anche di interventi in altri settori, da quello della difesa del suolo a quello urbanistico. Segnalo infine che il processo di “liberalizzazione” dei dati può catalizzare non soltanto un miglioramento del rapporto delle pubbliche amministrazioni con i tecnici professionisti, le imprese e i cittadini, ma anche stimolarne la stessa efficienza amministrativa (ad esempio, la gestione open del dato geospaziale può diventare la base della condivisione di politiche di coerenza tra soluzioni informative standardizzate, di raccordo nell’acquisizione e produzione, riuso e aggiornamento dei dati anche di altro tipo).
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